Frattini a Lieberman: Italia pronta a mediare

Avigdor Lieberman sceglie Roma come tappa inaugurale del suo primo tour europeo, «ed è chiaro che doveva essere così». Il nuovo ministro degli Esteri israeliano ha il difficile compito di migliorare le relazioni del suo Paese con l’Europa e per questo ha scelto di cominciare dall’Italia, del cui governo Gerusalemme «apprezza l’atteggiamento positivo e amichevole» e la disponibilità ribadita da Franco Frattini a mediare con la Siria al posto della Turchia se fosse necessario.
E se si fa eccezione per qualche classica intemperanza dell’esigua estrema sinistra filopalestinese (con tanto di ormai stravisto lancio di scarpe contro l’immagine dell’ospite israeliano affissa in largo Argentina) l’accoglienza che Roma ha riservato a Lieberman all’inizio dei suoi due giorni di visita è stata senz’altro positiva. La giornata è cominciata con la visita in Campidoglio, dove il capo della diplomazia israeliana è stato ricevuto dal sindaco Gianni Alemanno che ha accompagnato il suo ospite in una passeggiata ai Fori Imperiali: Lieberman aveva espresso il desiderio di visitarli e in particolare di poter vedere l’arco di Tito, che celebra la presa di Gerusalemme da parte dei Romani nel 70 dopo Cristo. Alemanno ha parlato con il ministro del suo prossimo viaggio nella capitale israeliana e del ruolo propositivo che le due città potranno svolgere insieme per il Mediterraneo.
Salutato il sindaco, Lieberman ha incontrato alla Farnesina il collega italiano Franco Frattini. Durante la conferenza stampa che ha fatto seguito ai colloqui privati, Lieberman non ha lasciato trascorrere troppo tempo prima di parlare di Iran. Il regime islamico di Teheran, ha detto, «è la più grande minaccia per il Medio Oriente» e con il suo inquietante programma nucleare «è un fattore destabilizzante per tutto il mondo». Frattini ha convenuto che «l’influenza che l’Iran esercita in Medio Oriente attraverso Hezbollah e Hamas è pericolosa e inaccettabile per gli stessi leader arabi moderati». Lieberman, a tale proposito, ha negato di aver mai affermato di volere la distruzione di Hamas.
Il ministro degli Esteri israeliano, non dimenticando che l’Unione Europea pretende da Netanyahu un impegno a rilanciare i negoziati con i palestinesi per arrivare all’obiettivo dei «due popoli, due Stati», ha usato parole chiare sull’argomento. «Bisogna armarsi di molta pazienza, è impossibile che il governo abbia pronti i piani in cinque settimane. Ma non intendiamo andare avanti a colpi di slogan come hanno fatto i nostri predecessori». Poche concessioni, dunque, in attesa che venga definita (e non sarà facile, vista la natura eterogenea della coalizione) una linea d’azione da parte del governo.


Una domanda sul futuro dei rapporti con la Siria ha dato a Lieberman l’opportunità di parlare del Golan, il territorio che Israele ha strappato al vicino arabo con la guerra del 1967 e che ha annesso unilateralmente nel 1981. «Non si può parlare solo del ritiro israeliano. Vogliamo sapere anche che cosa la Siria è disposta a darci. Per esempio, è pronta a tagliare i rapporti con l’Iran? E a negoziare senza precondizioni?».

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