nostro inviato a Bergamo
E se Yara fosse stata uccisa per «caso»? Per «sbaglio»? Se non ci fosse un vero movente, ma solo, più semplicemente e banalmente, un piano criminale magari covato nel tempo ma compiuto in modo estemporaneo. Quasi casuale, giusto perché lei era lì, le cuffie delli-Pod nelle orecchie, tranquilla verso casa, facile preda in quel momento. Avrebbe potuto succedere quel giorno, o un altro ancora. In quella palestra ci andava regolarmente Yara. E per la vendetta cè sempre tempo.
Ecco una delle ipotesi che continua a ronzare nella mente degli investigatori. In giro potrebbe esserci un assassino che forse riteneva di avere qualche conto da saldare con il padre di questa tredicenne schiacciata come una farfalla stretta in pugno.
Il procuratore capo di Bergamo, Massimo Meroni, parla per unora abbondante nella sua seconda conferenza stampa da tre mesi a questa parte, ma non dice nulla. Almeno niente di più di quanto già si sapesse.
Solo un paio di macabri particolari si aggiungono, o meglio si precisano, in questo infinito caso di orrore: «Lagonia è stata lunga»; «dagli «accertamenti fatti sul terreno, cè unalta probabilità che sia morta lì», chiarisce il capo dei pm. Poi lunico nuovo dettaglio. Il reggiseno della piccola ballerina di Brembate era slacciato, ma comunque al suo posto. Così come gli altri indumenti intimi. Risulta solo una lacerazione sugli slip, probabilmente provocata dalla «rasoiata» che ha colpito Yara dal gluteo alla regione lombare.
Il resto è risaputo: «La vittima è stata ritrovata in un posto non facilmente raggiungibile se non da una persona che conosce i luoghi», puntualizza il magistrato. «Mai escluso un tentativo di violenza sessuale, probabilmente erano in due», «non sono ancora chiare le cause del decesso, ferite sono «molto superficiali» il che fa ritenere che «nessuna sembra la causa della morte». Quella del dissanguamento è «lipotesi meno probabile» aggiunge il Meroni, mentre le contusioni al capo e al viso sono state provocate «da un corpo contundente, o forse da percosse o da una semplice caduta». Anche in questo caso «sembrano ferite che non hanno provocato il decesso. Yara insomma se ne sarebbe andata lentamente, picchiata, martoriata, e poi abbandonata al suo destino fatale. Forse la credevano già morta, invece a finirla potrebbe essere stato il gelo della notte.
È un indagine che si avviluppa su se stessa questa. Senza certezze. Che gira non a 360 gradi ma a settecentoventi. Senza certezze ma condita da ipotesi più o meno fantasiose. «Tendiamo ad escludere la pista satanica- prosegue il capo dei pm smentendo di fatto le affermazioni del suo sostituto Letizia Ruggeri-, non mi pare che quella ferita alla schiena componga un disegno o un simbolo particolare», puntualizza Meroni. Cercando di tacitare anche chi sostiene, a partire dal querulo parroco di Brembate, che lomicida sia uno del paese o dintorni: «Non ci sentiamo di escludere nessun sospetto in tutto il mondo» Così nellattesa infinita degli esiti dellautopsia e degli accertamenti compiuti dallequipe dellanatomopatologa Cristina Cattaneo, che ancora non è riuscita a spiegarci come sia stata uccisa questa bambina, si riparte dallinizio. Alcuni cittadini di Brembate raccolgono firme per chiedere lennesimo silenzio stampa, mentre si guardano di traverso persino in chiesa sospettandosi a vicenda.
Sul giallo indagano le maggiori intelligence dItalia: Ris, Ros, Racis, comandi locali e nuclei operativi dei carabinieri. Squadra mobile della questura, Sco, polizia scientifica. Forse troppi per ununica inchiesta. Si sono divisi i pezzi, i reperti, le tracce da visionare, persino i vestiti e gli oggetti della vittima. Risultati? Zero, almeno per ora. La Procura coordina, o dovrebbe coordinare, almeno un centinaio di investigatori.
Torna così alla ribalta lipotesi che a rubare Yara in una sera di fine autunno non sia stato necessariamente un maniaco. Si ricomincia a ripercorrere la strada che porta a un qualcuno che potesse avercela con la famiglia, magari per questioni di quattrini. Forse un sequestro lampo, per pochi soldi, fatto da qualcuno veramente arrabbiato.
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