Il cadavere di un clochard cingalese di 56 anni, Uasanta P.,è stato rinvenuto ieri, intorno a mezzogiorno, in via Ziegler (zona Bonola), sotto a una pensilina abitualmente usata dai senzatetto come riparo. L'uomo era regolare e noto in zona come una persona che non aveva una dimora stabile. Senza fissa dimora. Il decesso è avvenuto per cause naturali, e secondo il primo parere del medico legale non è escluso che possa essere stato stroncato dal freddo della nottata.
Il poveretto - che da almeno 20 anni viveva in Italia - aveva alle spalle un progetto migratorio ormai fallito; unesistenza minata dal vizio del bere, ma anche rallegrata dalla passione per la pittura e dall'esistenza di un figlio, residente a Roma.
Magda Baietta, responsabile dell'associazione «Ronda della Carità», da anni attiva nel campo dell'assistenza ai senza dimora, conosceva bene, così come gli altri volontari della Ronda, il cingalese.
«Lo aiutavamo da tempo, aveva provato a smettere di bere più volte ma non riusciva. L'alcol lo stava distruggendo. Era stato ricoverato più volte in comunità e, nonostante mesi di terapie,era tornato sempre sulla strada», racconta la Baietta. Uasanta, come molti connazionali senza dimora, stazionava nella zona Bonola, «perché lì si ritrovano molti clochard cingalesi, molti con gli stessi problemi di alcol di Uasanta - continua la Baietta -. Sono persone con le famiglie nel proprio Paese, e più volte abbiamo cercato di convincerli a rientrare, che ci stavano a fare qui ormai? Ma niente, non c'è verso: non vogliono tornare a casa; dovrebbero ammettere che hanno fallito. L'unica cosa che riusciamo a fare per loro è del semplice assistenzialismo».
A differenza di molti alcolisti, però, il cingalese in questione era tranquillo: non si faceva coinvolgere in risse, non era mai violento. Restava lì, semicosciente, senza dare fastidio a nessuno. Che possa essere stato il freddo a ucciderlo lo pensa anche la responsabile dell'associazione: «Bevono e poi si addormentano, non sentono più niente e spesso il gelo li uccide - spiega la donna, riferendosi alla situazione di molti clochard.
«Ora vorremmo organizzare una piccola cerimonia per ricordarlo e, naturalmente, avvertire i familiari», conclude Baietta.
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