Il fronte del no Si oppongono in dieci Ci sono Polonia, Romania e forse la Germania

Roma Le motivazioni sono in parte diverse, ma l’obbiettivo è lo stesso: oltre all’Italia, come dice il premier Silvio Berlusconi, ci sono in effetti altri nove Paesi nel continente che vogliono ridiscutere e modulare il pacchetto sul clima dell’Unione Europea. Sulla carta più di un terzo delle Nazioni della Ue non sono d’accordo sulla tempestività del piano di riduzione delle emissioni di anidride carbonica entro il 2020: l’Italia per «ragionevolezza», visto il momento difficile per le economie mondiali e i costi altissimi secondo studi contrastati, gli altri 9 perché si sentono più svantaggiati in partenza, alla luce dei sacrifici sostenuti e del più recente ingresso nell’Unione, non in grado quindi di sopportare il peso economico del pacchetto clima così come è adesso. I nove oppositori sono, oltre alla capofila Polonia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Slovacchia e Repubblica Ceca. La posizione che appare meno decisa, in questo drappello di Paesi «ribelli», è proprio quella di Praga, che si astiene dal prendere un parere ufficiale, forse anche per ragioni diplomatiche (dall’1 gennaio del 2009 assumerà la presidenza di turno della Ue).
Già in settimana i nove Paesi avevano esposto le loro posizioni di preoccupazione nei confronti dei tempi e delle modalità del piano, oggi la Polonia presenterà ai 27 ministri dell’Ambiente a Lussemburgo una vera e propria controproposta. Lo schema polacco prevede una revisione delle quote di Co2 tramite aste (su cui l’Italia sarebbe perplessa) e la richiesta di tener conto del Pil nazionale per il calcolo dei costi del severo pacchetto 20-20-20. Il contro-pacchetto dei Paesi dell’Est, ha dichiarato ieri il primo ministro polacco Donald Tusk, è una proposta vitale per le economie di quelle nazioni, e serve per consentire «ai Paesi più poveri di sopravvivere». Varsavia sarà capofila del «no» dell’Europa orientale, mentre l’Italia riformulerà il piano del rinvio su cui hanno già dato battaglia i ministri Andrea Ronchi e Stefania Prestigiacomo, con la richiesta di adozione del pacchetto europeo a dicembre, e con una revisione nel corso del 2009 per verificare l’impatto sulle economie. Proposte non completamente coincidenti, quella italiana e quella del gruppo polacco, ma di fatto oggi a Lussemburgo gli oppositori alla strada dell’applicazione immediata saranno dieci su ventisette.

Senza dimenticare (non proprio l’undicesimo no, ma comunque Paese scettico) anche la Germania, nazione di peso nell’Unione Europea, che non accetta il piano clima così com’è senza modifiche: la Cancelliera Angela Merkel ha già chiesto di tener conto delle «specificità» delle singole nazioni.

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