Fuksas col Cavaliere: "Altro che torri, meglio Central Park"

È scontro sull’urbanistica: intervista all’architetto che dice: per una volta sono d'accordo, idea estranea al contesto

Fuksas col Cavaliere: "Altro che  torri, meglio Central Park"

«Per una volta posso pure essere d’accordo con Berlusconi, non ha tutti i torti. A questo punto faccia qualcosa». Massimiliano Fuksas non è iscritto al «partito antigrattacieli» (torri ne ha progettate tante) e non è certo un architetto della corte del Cavaliere. Molti ricordano ancora quando l’autore della Vela intorno a cui è nata la nuova Fiera si è rifiutato di partecipare all’inaugurazione perché «troppo vicina alle elezioni regionali». Era il 31 marzo del 2005, Berlusconi non aveva gradito, lo aveva accusato di ipocrisia («portafoglio a destra e cuore a sinistra») e da allora non ci sono state molte occasioni in cui i due si sono trovati d’accordo. I «grattacieli storti» li trovano in sintonia.
Si candida anche lei a guidare la protesta contro i grattacieli sbilenchi?
«Questi tre grattacieli non sono stati pensati per l’area in cui dovrebbero sorgere, ma esportati da altri progetti. L’edificio di Isozaki è dell’86, il secondo grattacielo deriva da un concorso perso a Dubai, il terzo non è certo entusiasmante. La scelta è nata dall’offerta economica per il terreno. La Fiera è stata costretta a guadagnare il massimo perché altrimenti non si sapeva come pagare la Vela».
L’architetto Fuksas che cosa vedrebbe bene nell’area della vecchia Fiera?
«Io avrei pensato a un grande Central Park verde, con intorno tutti gli edifici. Qualche edificio più alto va bene, ma quella è una coltivazione artificiale di torri, un allevamento in cui le vongole sono anche cresciute più grosse di quanto dovevano. Al concorso avevano partecipato progetti più interessanti».
È contro lo sviluppo verticale di Milano?
«Non sono né del partito della torre né del partito del piatto. Quando ci vogliono i grattacieli si fanno, ma dipende dal contesto. Non si può costruire una torre a piazza del Popolo a Roma né vicino alla Madonnina a Milano. Se hai bisogno di densità come soluzione urbana pensi alle torri, se devi costruire intorno a un vuoto è diverso. È la città che ti domanda le cose, tu devi ascoltarla, vederla, comprenderla».
E quali sono i luoghi in cui Milano chiede di far crescere i palazzi?
«Il palazzo della Regione, sia il Pirelli che la nuova sede, nascono dall’esigenza reale e dalla logica di essere alti».
La Moratti ha cancellato la torre simbolo dell’Expo. È d’accordo?
«Se la torre si fa o non si fa non cambia molto. Quello non era un progetto, ma un semplice rendering, un’idea di massima. L’unico progetto fermo alla base dell’Expo è la Fiera. A Rho-Pero viene connessa un’altra grande area, molto pensata su ambiente e alimentazione, due temi importantissimi».
Quali proposte ha per l’Expo?
«Ho suggerito di ripensare la massa critica di Milano, città di un milione di abitanti deserta nel week end. Bisogna trovare un nuovo rapporto con il territorio, soprattutto con le periferie. Io lavorerei su spazi verdi, qualità della vita, bassa emissione di Co2. Deve tornare a essere la città internazionale che è stata negli anni ’60 e fino agli anni ’80».
Che cosa le manca per essere internazionale?
«Pensi all’aeroporto. Malpensa deve essere pensata come un luogo in cui si possono dare gli slot a tutte le compagnie.

E chi se ne importa di Alitalia: io non la prendo mai perché ha gli aerei vecchi e non puoi fare 14 ore di volo in verticale. Adesso quel povero Piersilvio Berlusconi, oltre a sposarsi una bella precaria, deve anche salvare l’Alitalia...».

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