Cultura e Spettacoli

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Sul tema «l’ultimo uomo sulla Terra» forse batte tutti Stephen King con il suo racconto-lampo che recita: «L’ultimo uomo sulla Terra era solo in casa quando qualcuno bussò alla porta».
Molto prima di King, nel 1826, Mary Wollstonecraft Godwin Shelley immaginava che fra il 2073 e il 2100 l’umanità sarebbe stata spazzata via da una pestilenza e L’ultimo uomo (titolo del romanzo dell’autrice di Frankenstein o Il Prometeo moderno) si sarebbe mosso verso l’ignoto guidato «non dalla speranza o dalla gioia, ma da un’incessante disperazione e dall’ardente desiderio che qualcosa possa ancora cambiare».
La stessa disperazione e lo stesso desiderio che animano Hamm e Clov in Finale di partita o Winnie in Giorni felici di Samuel Beckett: personaggi immobilizzati nel loro scenario e forse reduci da una catastrofe atomica. Anche Robert Morgan in Io sono leggenda di Richard Matheson lotta contro il destino: trovare l’antidoto al morbo che ha trasformato tutti gli esseri umani, tranne lui, in vampiri.
E a proposito di libri e di destino cinico e baro, come non ricordare la beffa di cui è vittima il protagonista di un episodio della serie di telefilm Ai confini della realtà (1959)? Henry Bemis, appassionato lettore, unico sopravvissuto alla catastrofe atomica, ha finalmente tutto il tempo per leggere... se non fosse che rompe il suo unico paio d’occhiali.
Per Michel Houellebecq, in Le particelle elementari, nel 2080 circa i rappresentanti della «prima specie intelligente creata dall’uomo a sua immagine e somiglianza» resteranno sorpresi nel vedere «con quale dolcezza, quale rassegnazione, e forse qualche segreto sollievo, gli umani accettino la propria scomparsa». Nel 1349 anche John Clyn, un monaco inglese realmente vissuto durante l’infuriare della Peste nera, aveva una qualche fiducia nel futuro: «Considerandomi io stesso fra i morti e aspettando la morte, ho esposto in forma scritta tutte le cose di cui sono stato testimone. Lascio incarico di continuare questo scritto, se per caso qualche uomo mi sopravviva».
E Thomas Glavinic, autore di Le invenzioni della notte, dice di aver cercato di evitare accuratamente la lettura di tutti quei romanzi o racconti che parlino di ultimi sopravvissuti sulla terra.

Soprattutto La strada di Cormac McCarthy.

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