Funerali solenni per alpino morto in Afghanistan L'omelia: "Sacrificio di Matteo dono per la pace"

Avvolto nel tricolore il feretro di Matteo Miotto, il primo caporalmaggiore ucciso in Afghanistan venerdi scorso, è entrato nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Presenti le massime autorità dello Stato. L'arcivescovo Pelvi: "Matteo ha creduto nella giustizia e nella forza interiore della compassione"

Funerali solenni per alpino morto in Afghanistan 
L'omelia: "Sacrificio di Matteo dono per la pace"

Roma - Profonda commozione nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli dove è stato celebrato il funerale dell’alpino Matteo Miotto, ucciso venerdì in Afghanistan. La bara del primo caporal maggiore è stata portata a spalla da sei commilitoni del settimo reggimento Alpini di Belluno: ha fatto il suo ingresso nella chiesa tra gli applausi della gente, sulle note del canto degli Alpini "Signore delle cime". Su un cuscino, il cappello con la penna alpina, che il giovane militare ucciso aveva definito "sacra" in una sua lettera. Ai lati del sagrato il picchetto d’onore degli Alpini, della Marina, dei Carabinieri, dell’Aeronautica Militare e della Guardia di Finanza. In prima fila, in chiesa, i genitori di Miotto e la fidanzata. Presenti anche amici e parenti.

Le autorità presenti A rendere l'ultimo saluto all'alpino le massime autorità dello Stato: il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il ministro delle Difesa, Ignazio La Russa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente del Copasir, Massimo D’Alema. Impossibilitato a partecipare, a causa dell’influenza, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tra le autorità, anche il presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, il capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, i vertici militari e delle forze di polizia.

Le note del Signore delle cime All’ingresso nella chiesa la banda dell’esercito ha intonato il "Signore delle cime", canto tradizionale degli Alpini. In piazza della Repubblica, ad attendere il feretro cittadini molti dei quali venuti anche da fuori Roma per dare l’ultimo saluto al caporal maggiore. In prima fila alcune donne e uomini che hanno applaudito commossi l’arrivo della bara: "Per noi è come un nostro figlio, un italiano figlio di tutti" dice una coppia di anziani. Mentre due ragazze sono arrivate da fuori Roma per "stare vicine alla famiglia di Matteo. Siamo quasi sue coetanee e sentiamo tutto il dolore di questa perdita".

L'omelia dell'arcivescovo "Non possiamo aspettarci che una società mondiale pacifica emerga da sola dal tumulto di una spietata lotta di potere: dobbiamo lavorare, fare sacrifici e cooperare per gettare le fondamenta su cui le generazioni future potranno costruire una società internazionale stabile e pacifica". È questo un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo Vincenzo Pelvi che ha celebrato il rito funebre di Miotto. "La bara di Matteo avvolta da tricolore - ha proseguito - è come una piccola reliquia della redenzione che si rinnova nel tempo. Matteo ha sempre creduto nella giustizia e nella forza interiore della compassione, fino a dare la vita. Anche noi, non possiamo rassegnarci alla forza negativa dell’egoismo e della violenza; non dobbiamo abituarci ai conflitti che provocano vittime e mettono a rischio il futuro dei popoli. Il sacrificio di Matteo invita a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione".  

"Fuggire da lì? No" "Molti chiedono - ha proseguito l’ordinario militare - perché ci ostiniamo ad esporci in terre così pericolose, ma allora non si potrebbe rimproverare anche a Gesù di aver cercato la morte, affrontando deliberatamente coloro che avevano il potere di condannarlo? Perchè non fuggire?" ha domandato Pelvi. "Gesù non ha cercato la morte, non ha però neppure voluto sfuggirla, perché giudicava che la fedeltà ai suoi impegni fosse più importante della paura di morire". Anche noi, ha aggiunto Pelvi, "non possiamo rassegnarci alla forza negativa dell’egoismo e della violenza, non dobbiamo abituarci ai conflitti che provocano vittime e mettono a rischio il futuro dei popoli". Di fronte a "minacciose tensioni, discriminazioni, soprusi e intolleranze religiose", Miotto ci ha insegnato, ha detto Pelvi, "come poter credere ad un domani di pace".

Belluno in lutto La sede del settimo Reggimento Alpini di Belluno, dove era di stanza Miotto, è in lutto. A Belluno tutte le bandiere sono a mezz’asta mentre negli uffici pubblici è stato tenuto un minuto di silenzio. In prefettura è stato esposto il libro delle condoglianze dove, fin dal primo momento, molte persone hanno posto la propria firma a testimonianza della vicinanza a Miotto e agli alpini.

Ucciso da un cecchino Il giovane militare italiano è stato ucciso da un cecchino lo scorso venerdì, in Afghanistan, mentre era in servizio all’interno della base avanzata "Snow", nella valle del Gulistan. 

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