da Roma
Un voto al governo? «Per come si è comportato fino adesso è fuori corso. Non gli si può dare un voto». La metafora scolastica per illustrare la distanza tra sindacato ed esecutivo è di Raffaele Bonanni, che ieri era a Bergamo insieme a Guglielmo Epifani e Luigi Angeletti per unassemblea dei delegati di Cgil, Cisl e Uil. Unuscita pubblica unitaria con lobiettivo dichiarato di sollecitare lapertura dei tavoli di confronto su pensioni e sviluppo.
Per il segretario generale della Cisl se fino ad oggi da Palazzo Chigi non è arrivata nessuna convocazione è solo perché «la classe dirigente si sta perdendo in chiacchiere. Parlano di problemi etici e internazionali». Bonanni consiglia Prodi, visto che il suo governo «zoppica», di «supplire a questo problema di governabilità cercando nel Paese il consenso sui temi economici e sociali. Spero - aggiunge - che si muova con chiarezza e ci convochi nelle prossime ore, perché così non si può andare avanti».
Ai sindacati non è piaciuta luscita del ministro del Lavoro Cesare Damiano che in unintervista al Messaggero ha praticamente escluso unintesa prima delle elezioni amministrative. In realtà nessuno nelle segreterie dei tre sindacati crede più in un accordo prima del voto, ma il sospetto è che il governo vada anche oltre il Documento di programmazione economica e finanziaria che deve essere approvato entro luglio. «Siamo preoccupati - ha spiegato il leader della Cgil Epifani - perché non si fa nulla, ci teniamo lo scalone. I tempi non sono infiniti».
Che non sia una questione di ore, ieri è emerso dalle parole del premier Romano Prodi, che ha praticamente ufficializzato il ritardo nella presentazione della trimestrale di cassa: Arriverà, «tra poche settimane», non il 15, come prassi. Una volta presentata, ha osservato Renata Polverini, segretario generale dellUgl, «il governo non avrà più alibi per procrastinare l'avvio di una concertazione che assume contorni tragicomici».
Il braccio di ferro sui contenuti è comunque già iniziato. E anche ieri i sindacati hanno chiesto labolizione dello scalone della riforma Maroni, cioè linnalzamento delletà pensionabile da 57 a 60 anni. «Una priorità», ha sottolineato il leader della Uil Luigi Angeletti che ha di nuovo indicato unalternativa fatta di incentivi per chi ritarda il ritiro dal lavoro. A ribadire il no dei sindacati anche allapplicazione della riforma Dini nella parte che prevede un adeguamento dei coefficienti di trasformazione è stato Bonanni. «Non siamo daccordo perché - ha spiegato - i giovani sarebbero quelli che pagano di più».
Proposte che difficilmente il governo riuscirà ad accogliere totalmente. Prodi ieri ha annunciato lavvio di una fase di spesa, ma come interventi ha citato «la diminuzione del peso fiscale, quindi gli aiuti alle famiglie e poi laumento delle pensioni minime».
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