Furbetti del fisco, è estate nera Nella rete da Ferro a Little Tony

Può un pacioso cinquantenne ex bancario spaventare i ricchi e famosi d’Italia come fosse Nosferatu? Può. E lo fa il 29 luglio scorso, quando, da direttore dell’Agenzia delle entrate, spiega, promette, giura che potenzierà i controlli anti furbetti. Giù radiografie a tappeto sul tenore di vita dei sospettati, a partire dai «contratti di leasing relativi a beni di pregio, gli acquisti presso importanti gallerie d’arte e case d’asta, il noleggio delle auto di lusso» e perfino «la frequentazione di circoli esclusivi». Chissà a quanti è tremato il Rolex. Del resto, dice uno studio di contribuenti.it, il 61% di yacht e supercar sono intestate a nullatenenti, spesso ultraottantenni.
E la promessa è stata mantenuta: ieri le divise grigie della Finanza hanno stilato il bilancio di 15.000 controlli in strutture vacanziere, verificando tra l’altro 959 proprietari di yacht, ma anche hotel, discoteche, bar, scovando 36 milioni di euro evasi. In 44 casi i titolari non avevano mai sentito parlare di dichiarazione dei redditi: ben 15 alberghi, 11 ristoranti, 10 bar e 3 stabilimenti balneari per i quali «scontrino» significa solo «piccolo urto».
Ma attenzione. Perché anche senza i controlli «balneari» di ieri, l’estate 2009 ha già tutti gli elementi per meritarsi il titolo di stagione nera dell’evasore. Che, a questo ritmo di stangate, rischia di trasformarsi presto in «evasauro»: un animale estinto.
In pochi mesi, nella rete sono rimasti impigliati il finanziere napoletano e il cantante di Latina. Pinchiorri, il ristoratore chic di Firenze, e i bagnini di Rimini. Gli stilisti siciliani con la «&» in mezzo e l’imprenditore edile modenese. Tutti insieme democraticamente a ballare il tormentone di quest’estate, la lambada della caccia al furbo.
Al primo posto indiscusso tra le hit fiscali dell’estate si piazza l’affaire Agnelli. Si ipotizza un tesoro da 2 miliardi nascosto all’estero. E pensare che tutto è nato da una lite tra mammà e figlia. Al secondo si piazza senza dubbio il pattuglione degli esterofili. Com’è che tutti gli italiani famosi (e ricchi) una volta fatti i soldi espatriano? La risposta scontata è che trattasi non di fuga di cervelli, ma di esodo di portafogli. Quest’estate, il sospetto della residenza fittizia si è abbattuto sulla voce tonante di Tiziano Ferro, che secondo il Fisco potrebbe essere cittadino londinese tanto quanto Valentino Rossi che, per non rinunciare alla piadina di Tavullia ha dovuto versare un multone da 35 milioni. La residenza in alcuni Paesi aiuta sotto il profilo delle tasse, ma se si dimostra che ci stai meno di sei mesi l’anno, sono guai. Se n’è accorto qualche mese fa anche lo stilista Valentino, anche lui londinese d’acquisizione. E poi Lele Mora e Umberto Tozzi a Montecarlo. E pure Little Tony che la piadina non voleva abbandonarla manco per finta e si è quindi trasferito a San Marino.
Diverso il caso di Dolce & Gabbana, a cui viene contestata una evasione-monstre da 800 milioni che però con la residenza non c’entra. Si parla invece di un sistema di società basate in Lussemburgo che sottrarrebbe i denari al Fisco italiano. Un sistema per la verità piuttosto diffuso tra le griffe, che usano un sistema basato sulle royalties, una sorta di diritto d’autore, che proprio in Lussemburgo gode di enormi vantaggi fiscali.
Non la svangano nemmeno Unicredit e Intesa, il salotto buono del capitalismo italiano che il 4 agosto si scopre sospettato di essere implicato nel progetto «Brontos», specie di trucco delle tre carte per imboscare un bel po’ di utili.
A seguire in classifica ci sono i tanti ricchi ma non famosi beccati quest’estate. A partire dai gestori dei bagni, che le Fiamme gialle hanno passato al rastrello come la spiaggia di Rimini. Del resto in 150 dichiaravano meno di 5.000 euro l’anno. I finanzieri sono scatenati, usano ogni mezzo. Controllano le «marchette» pagate alla Siae dalle bande del liscio e scoprono i locali che organizzano banchetti nuziali in nero nelle Marche. In Liguria non si salva manco un rave party: «Non ha pagato l’Iva. Che fa, concilia?».

Dallo sballo al bollo. E non è finita. L’ultima mossa del Fisco: addestrare i funzionari comunali a spiare chi evade. Una rete di occhiuti spioni comune per comune, strada per strada. La lambada anti furbetti continua a domicilio.

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