Il futuro di piazza San Babila. La vera sfida parte adesso

Secondo gli architetti saranno gli arredi e l'utilizzo dello spazio a determinare il suo successo (o meno)

Il futuro di piazza San Babila. La vera sfida parte adesso
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La sfida per piazza San Babila parte ora. E non è solo quella di essere il «via» per volare in 12 minuti netti a Linate. Bella? Brutta? Cosa diventerà? Il dibattito sul nuovo restyling (peraltro non concluso) è già aperto. «É prematuro dare un giudizio al progetto, il successo di una piazza è legato all'empatia che i cittadini riescono a sviluppare nello spazio pubblico», spiega l'architetto Andrea Caputo, co-progettista del masterplan della nuova piazza Loreto. «San Babila mi è sembrata abbastanza vuota» e questo «è positivo perché lascia campo a quello che verrà», sperando però «che non siano implementazioni da fashion week con le kermesse del brand di turno», ma quelle che definisce «attivazioni informali per i cittadini comuni». Cosa intende lo spiega con un esempio, quello di place de la République a Parigi.

«É una piazza da un certo punto di vista distaccata da quello che è la parte pedonale della città, è circumnavigata dalle auto, brutalmente può essere associata a una rotatoria - commenta - ma nonostante questo con le facilities che ci hanno messo dentro, legate allo skate, i chioschi, le sedute particolarmente idonee a sviluppare rapporti sociali, è un luogo di Parigi dove le persone si riconoscono». La vivono e la fanno vivere. Questo è quello che trasforma a suo parere uno spazio pubblico, in uno di dominio pubblico. E questo darà la misura «se è un progetto che funziona oppure no», altrimenti «ora andiamo a giudicare solo l'estetica, ma lascia un po' il tempo che trova perchè alla fine l'architettura è sempre soggettiva, ma la differenza è invece l'impatto che genera con la comunità».

É questa la vera sfida per piazza San Babila, oggi. Sfida che ad esempio, lui dice, è stata persa da Cadorna mai diventa «un luogo di ritrovo, di permanenza, di confidenza ma rimasta un luogo di transito dal quale si vuole fuggire». E vinta, invece da piazza Duca D'Aosta. «Paradossalmente con tutte le problematiche che ha, per dei gruppi sociali molto definiti, i giovani skaters ad esempio, è un luogo molto diverso dai non luoghi di Augè» senza identità, storia o relazioni. Per l'architetto Massimo Roj, fondatore di Progetto CMR, che ha realizzato the Sign, business district in zona IULM dove è nata la piazza intitolata a Fernanda Pivano, una sfida San Babila l'ha già vinta: la pedonalizzazione, intervento positivo «non possiamo più farne a meno per vivere al meglio le nostre città. Torno da un viaggio a Barcellona che ha chiuso tante strade e sono molto più fruibili sia per i residenti che i turisti».

Per il resto anche per lui è «l'uso degli spazi che ti permette di avere un giudizio effettivo». Per ora è «un intervento misurato, pacato, gradevole, curato e rispettoso di quello che c'è. Anche la pavimentazione a porfido è una memoria della nostra città, un po' chiaro ma dà risalto a quello che c'è intorno e col tempo si scurirà».

Cosa vede nel futuro? «In piazza San Babila, penso prenderanno spazio punti all'aperto, per l'aperitivo», e spazi per «la connettività, magari per avere informazioni su quello che offre la città eventi, meteo, mezzi pubblici». Le città sono nate intorno alle piazza. Forse oggi è proprio dalle piazze che si capirà come vivranno le città.

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