G8, no global dà ragione alla polizia

La traduzione non c’entra. L’imputata-accusatrice ha capito benissimo la domanda e altrettanto chiaramente risponde: «Sì, quando la polizia mi portò in ospedale sapevo di essere in arresto». G8, luglio 2001, scuola Diaz. La notte dell’irruzione e dello «scandalo». Agenti, funzionari e dirigenti di polizia sono da allora indagati per accuse che vanno dalla calunnia al falso, dalle lesioni all’abuso d’ufficio. Secondo la procura, quella sera fu una carneficina gratuita contro i no global che dormivano alla Diaz. Di più, che per giustificare quella «mattanza», la polizia si sarebbe inventata tutto solo dopo: la presenza dei black bloc, la resistenza dei no gloabl, l’aggressione agli agenti. Ieri, nel corso dell’ennesima udienza, è stata chiamata a testimoniare Lena Zuhlke, una delle 93 persone arrestate, finita all’ospedale con tre costole rotte. Il pm l’ha interrogata a lungo, ma ad una precisa domanda, la no global straniera ha ribadito che la polizia aveva subito detto loro che li avrebbero arrestati. Una doccia fredda per l’accusa, perché se fa vacillare soprattutto il reato di abuso d’ufficio, rende poco credibile la teoria secondo cui la polizia si sarebbe inventata tutto solo dopo il blitz.

La resistenza e la violenza a pubblico ufficiale erano infatti i reati contestati ai no global per motivare l’arresto. E sono stati contestati subito, non a tavolino. La parola dei poliziotti, messa in dubbio dalla ricostruzione dei pm, è stata confermata da una no global.

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