La gabbia di Valentino libera la poesia della donna

ParigiFar uscire l’alta moda dalla gabbia polverosa dell’ufficialità e far entrare le donne in una splendida gabbia che profuma di leggerezza, poesia e libertà. Ecco cosa sono riusciti a fare Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli il talentuoso duo creativo che sta traghettando la griffe Valentino nel mare magnum del nuovo. «Con questa collezione volevamo celebrare la sartoria, un luogo magico che ci ha sempre fatti sognare, il nostro primo amore», dicono i due poco prima di far sfilare 42 modelli di struggente bellezza nella storica sede parigina della maison.
Intanto le 40 sarte che da una vita lavorano nell'atelier di Piazza Mignanelli a Roma danno gli ultimi tocchi a questi capolavori in cui c'è sempre un doppio punto di vista: dalle linee accostate davanti e scostate dietro ai tessuti double con l'aria in mezzo che li rende super leggeri. Incredibili a dir poco le famose gabbie che diventano coprispalle, colli, polsi, mantelline da sera oppure gonne senza peso: l'evoluzione della specie crinolina in oggetti di puro design. «Non c'è niente di più lontano dall'idea della donna in gabbia», dice Maria Grazia mentre il suo «socio» (lavorano insieme da 20 anni, ma prima erano compagni di scuola, amici, complici, reciprocamente fan) esclama in romanesco: «Ma che stai a scherzà?». Insieme i due raccontano di quando hanno trovato le sarte graffiate dalle stecche di balena curvate a mano una per una, ricoperte di tulle e poi foderate in seta per non ferire la pelle con lo sfregamento. «Si sono prestate a far da cavia perché solo così potevano capire cosa fare in sartoria per evitare che le clienti si facessero male», conclude Pier Paolo.
La sfilata sta per cominciare, le modelle sono in fila pronte a sgambettare con quelle strepitose scarpette ricamate a mano: le più belle pantofoline con il tacco (tecnicamente si chiamano mules) mai viste in giro dai tempi di Cenerentola. Le sarte dicono che i vestiti sono loro finché non sfilano. Poi diventano del mondo quando si tratta di vere e proprie opere d'arte come il sublime tailleur rosa pallido (Valentino avrebbe detto «poudre», Pier Paolo parla di «dusty rose») con 2500 petali ricamati e poi applicati a mano con un effetto tridimensionale che fa sembrare i fiori coltivati e sbocciati direttamente nel tessuto. Indimenticabile anche il completo blu con la piccola giacchina che diventa nastro sulle spalle e fiocco sulle maniche mentre sulla minigonna di linea svelta si appoggia una divina camicia di velo bianca ricamata in fili di cashmere.
Le paillettes vengono svuotate e alleggerite per rendere più discreto il gioco delle luci. I ricami più preziosi vengono ingabbiati nei veli di tulle. E sulla gabbia coprispalle nera come sulle gabbiette-polsiera sembrano sbocciare innumerevoli rose di gazar. C'è il rosso-Valentino magistralmente interpretato in un abito corto a bustier che i due stilisti descrivono come un nastro avvolto sul corpo ma visto in passerella ha la stessa architettonica dignità del Maxxi di Zaha Hadid. Ci sono i fiocchi (sulle ghette in pelle abbinate ai modelli da giorno, sui lunghi guanti da sera e sui mezzi guantini mutuati dall'estetica punk) le ruches, i volant, l'aria romantica e fragile in tutti i dettagli, ma finalmente c'è lo spirito di un certo tempo inquieto, il nostro.

È questo l'assente ingiustificato dalla sfilata di Jean Paul Gaultier, talmente lunga da sembrarci un sequestro di persona, pur con alcuni modelli stupendi: per tutti, l'abito da sposa-trench, i tailleur bordati di pelliccia, il robe manteau verde con stola-borsetta.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica