Gaffe di Chirac: Iran cancellato se usa l’atomica

La singolare tesi dell’Eliseo in contrasto con le decisioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu

Gaffe di Chirac: Iran cancellato se usa l’atomica

da Parigi

«La posizione della Francia sul problema del nucleare iraniano non è cambiata», recita un comunicato ufficiale dell'Eliseo, diramato ieri sera dopo la «madre di tutte le gaffe» fatta dal presidente Jacques Chirac. Ricevendo un gruppo di giornalisti francesi e americani - del New York Times, dell’International Herald Tribune e del settimanale Le Nouvel Observateur - l'inquilino dell'Eliseo ha sviluppato una tesi assai particolare: l'eventuale possesso «di una o due bombe atomiche» da parte del regime di Teheran non creerebbe di per sé un grosso problema perché gli iraniani non riuscirebbero mai a utilizzarle. Chirac dice che un Iran dai denti atomici «non sarebbe molto pericoloso». Spiegazione: se tentasse di colpire Israele «il missile verrebbe distrutto prima d'arrivare all'altezza di duecento metri e le città iraniane verrebbero cancellate dalla faccia della Terra» in seguito al ricorso di Israele alla propria forza nucleare.
Nell'ottica di Chirac, il pericolo non è dunque il possesso della «bomba» da parte degli ayatollah, ma la reazione a catena che ne scaturirebbe in termini di proliferazione nucleare. Uno dopo l'altro, tutti i Paesi della regione cercherebbero di avere le atomiche e alla fine qualche ordigno potrebbe esplodere davvero. Questa teoria non è affatto una novità (se ne parla da tempo in occasione degli incontri accademici tra esperti occidentali), ma nessuno aveva mai immaginato che il leader di un Paese del Consiglio di sicurezza potesse adottare posizioni palesemente contraddittorie con la linea delle Nazioni unite.
Una volta compiuta la gaffe, Chirac ha aggravato la propria situazione cercando di porvi rimedio in modo particolarmente maldestro. Così, poche ore dopo il loro incontro all'Eliseo, gli stessi giornalisti francesi e statunitensi sono stati nuovamente invitati a fare quattro chiacchiere con Chirac. Tornati alla presidenza della Repubblica, si sono sentiti dire che il pensiero del leader francese non era affatto quello da lui espresso nel precedente incontro e che le sue parole erano state «travisate». L'idea che l'Iran possa detenere qualche bomba atomica senza causare particolari problemi alla comunità internazionale «è una scorciatoia nel pensiero di Jacques Chirac», ha detto un rappresentante dell'Eliseo senza accorgersi che in quel modo stava facendo un'altra gaffe: come si può immaginare che il pensiero di Chirac sia tanto tortuoso da essere in contraddizione con se stesso?
Alla fine i responsabili della presidenza hanno tentato disperatamente di salvarsi in corner, accusando i giornalisti d'essere stati «scorretti» nel rivelare l'intervento iniziale di Chirac, che - secondo loro - sarebbe stato «off», assolutamente riservato. Peccato che lo stesso Chirac non abbia mai parlato di un discorso «off» e che non abbia mai chiesto ai reporter di spegnere i loro registratori. Così si è giunti all'imbarazzatissima nota ufficiale dell'Eliseo di ieri pomeriggio, secondo cui la posizione della Francia «non è cambiata» e la sua contrarietà alle bombe degli ayatollah resta sempre la stessa. Intanto Chirac ha dovuto incassare due precisazioni, per lui assai indigeste, da parte degli Stati Uniti e di Israele.
Il portavoce del presidente George Bush, Tony Snow, si è limitato a constatare che il presidente francese «ha fatto marcia indietro», ribadendo la posizione del Consiglio di sicurezza secondo cui Teheran deve rispettare il patto di non proliferazione nucleare, pena le sanzioni. Le fonti governative israeliane sono ben più dure. Il presidente della commissione esteri-difesa della Knesset, Tzahi Hanegbi, dice: «Quelle di Chirac sono affermazioni gravi, che indignano».

Shimon Peres, viceprimo ministro, ha precisato che, comunque, Israele non ha intenzione di usare la forza per distruggere le centrali nucleari iraniane. A sua volta il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha detto di non temere le sanzioni Onu.

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