Gaffe sulle primarie, la Quercia incolpa i giornali

da Roma

Batti un colpo, Piero. Fassino ci ha provato, in maniera delicata, com’è la sua persona quando non è irritata. Ma i detrattori ora sostengono che abbia battuto proprio il tasto sbagliato, le primarie per scegliere il leader del Partito democratico. E la segreteria del Botteghino è costretta a retromarce difensive. Fassino vittima, allora, una volta di più. Vittima di una «sarabanda politico-mediatica» denuncia la nota dei Ds. «Un caso di scuola di come si possano inventare polemiche... Basta ricostruire i fatti».
I fatti risalgono a domenica scorsa, all’intervista con Lucia Annunziata, nella quale, a domanda specifica, Fassino risponde che, «dopo la felice esperienza delle primarie per Prodi, è del tutto naturale che i futuri dirigenti dell’Ulivo e del Partito democratico vengano selezionati ed eletti con forme analoghe di partecipazione democratica e diretta dei cittadini». Tanto più, aggiunge Fassino, «se si concepisce il Partito democratico non come la semplice somma di Ds e Margherita, ma come un processo costituente aperto alla partecipazione di cittadini e a molte forme di associazionismo civile». Una risposta chiara e persino ovvia, lamenta l’ufficio stampa della Quercia. Lo staff fassiniano è irritato per le paginate con «interviste, annunci di duelli, commenti stravaganti, giudizi tanto saccenti quanto inutili...». Molti dei deputati a lui vicini lo difendono in Transatlantico, rilevando però come abbia «fatto bene a mettere il tema in campo. Ora ci aspettiamo che Prodi convochi una riunione con Fassino e Rutelli, magari tra un paio di settimane». Campa cavallo. Anche il ministro Bersani per cavalleria difende il segretario, ma spiega: «Non si può immaginare il Pd come una stanza di composizione di vecchie beghe del passato... È un percorso serio e ampio, che non si aggiusta in due o tre riunioni, sia chiaro». La fassiniana Marina Sereni ammette che le reazioni segnalano «un certo nervosismo: però l’Ulivo sarà una forza democratica o altrimenti non sarà».
La frase contiene il nocciolo della contesa. L’uscita di Fassino è stata considerata dai prodiani un «invito a nozze» (forse persino concordato con Prodi, sempre desideroso di tenere sotto botta i leader d’apparato). Ma ha fatto anche il gioco di coloro che, come Rutelli e Marini, chiedono tempi lunghi e pari dignità tra Ds e Dl. Castagnetti critica Fassino, in quanto «partire dalla leadership è sbagliato» (lo stesso rilievo lo fa Fulvia Bandoli, minoranza ds). Eppure Fassino chiede con insistenza quando e come far decollare il suo «coordinamento della Costituente dell’Ulivo», forse fattogli balenare in sede di assegnazione dei ministeri, ma ora più che mai guscio vuoto di un frutto inesistente.
Nicodemo Olivero, mariniano e probabile nuovo segretario organizzativo dei Dl, spiega che «noi abbiamo già fatto un partito, la Margherita, fondendone quattro e i Popolari, benché fossero più numerosi, accettarono una gestione paritaria. Dai Ds ci aspettiamo la stessa cosa». I fassiniani invece vorrebbero che a Piero fosse assegnato un compito vero e spiegano che «è meglio litigare prima e poi lavorare senza intoppi». Renzo Lusetti, probabile nuovo responsabile comunicazione dl, getta acqua sul fuoco: «La prossima primavera ci saranno i congressi di Ds e Dl: solo allora partirà la fase costituente». Frena il ministro ds Fabio Mussi, dopo una riunione del suo correntone: «I processi politici non debbono danneggiare il governo... E in tutto il mondo, se si fanno dei partiti, i leader si eleggono ai congressi, mentre per le cariche pubbliche si fanno le primarie... Temo che ci sia un po’ di confusione». Una riunione del correntone del 17 giugno dovrebbe porre la questione del congresso. Per la futura leadership le primarie «non c’entrano», fa sapere da Bologna anche il sindaco Cofferati (interessato, evidentemente). Cesare Salvi, leader della sinistra ds, è sconsolato.

Vede aggiungersi, «tra le tante ragioni per essere contrari all’ipotizzato Partito democratico, anche la constatazione che il tema del contendere sembra essere solo quello della leadership, cioè di chi comanderà...». Anche in questo caso, sembra di capire, la via crucis di Fassino sarà in salita. E il nome di Walter Veltroni continua ad aleggiare senza alcun riguardo. Per il povero Piero.

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