Cultura e Spettacoli

«GAP», POCO SPAZIO AI GIOVANI

All'apparenza, con Gap, generazioni a confronto (giovedì su Raitre, ore 0.50) siamo dalle parti delle migliori intenzioni, di cui è lastricata anche la via televisiva. Cosa c'è di più teoricamente lodevole, infatti, che osservare i cambiamenti del nostro costume, le sfide portate dalla modernità, l'evoluzione della realtà sociale, attraverso il confronto tra un ospite di prestigio e un gruppo di ragazzi, in parte laureati, altri diplomati, altri ancora alle prese con il primo impiego, il tutto sotto la supervisione partecipe di Gigliola Cinquetti, ex cantante ora conduttrice specializzatasi in talk show. All'apparenza, si diceva, niente da obiettare. Anzi, Gap si segnala per la scelta di ospiti di livello (ultimo in ordine di tempo il prof di diritto costituzionale Enzo Cheli) e di argomenti impegnativi (lo stato del cinema, del giornalismo, i problemi del lavoro, la libertà di espressione, il valore e il futuro della nostra Costituzione). Fin qui, tutto bene. Poi però, alla resa dei conti, il problema risulta il solito di ogni trasmissione che si fa bella con la presenza dei «giovani» ma alla fine non li trasforma in protagonisti come meriterebbero. Il ruolo dei ragazzi, anche in Gap, si riduce a quello di formulare (a turno settimanale) qualche domanda all'ospite noto, di ascoltare la risposta e di tornare immediatamente in silenzio, al proprio posto, senza poter ribattere nulla a quanto gli viene detto, senza dar luogo a un reale «confronto» come enunciato dal titolo del programma. Certo, meglio una domanda ogni tanto che nulla. Meglio uno spazio accessibile per formulare qualche curiosità che non avere accesso ad alcun tipo di presenza. Però siamo alle solite: anche Gap dà forza al già noto, alla voce dell'ufficialità, a chi ha in mano le leve del potere, dell'informazione, della conoscenza, e non ci dà modo di intercettare per davvero tutte le obiezioni, le controdeduzioni, la carica di sana ribellione dei tanti giovani che su Internet, ad esempio, esercitano il loro diritto di critica e opinione senza dipendere troppo (e anzi dissociandosi) dall'interpretazione dei fatti affidata ai mediatori tradizionali. Gap sarebbe più interessante se, accanto alle valutazioni dei vari esperti - di cui nessuno intende sottostimare l'importanza - avesse il coraggio di far circolare maggiormente il punto di vista di chi guarda le stanze dei bottoni da fuori. Basterebbe poco, ad esempio una «seconda domanda» lasciata in facoltà ai ragazzi in risposta alle valutazioni dell'ospite.

Se ne avvantaggerebbe la discussione, la freschezza delle osservazioni, e non avremmo l'impressione che tra le «generazioni a confronto» la parte del leone, come al solito, sia già stata assegnata ancora prima di cominciare.

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