La «garanzia» Ibra l’uomo che da 6 anni vince lo scudetto

Guardate le facce: vi diranno tutto. Quella di Ranieri o, peggio, quella di Moratti. Inutile puntare su quella di Delneri o Agnelli: da quelle parti Ibra c’è già passato ed è stato trattato come un bancomat. Ecco, dunque, appunto: grattiamoci la crapa e cominciamo a far di conto. Quanto peserà Ibrahimovic sul campionato del Milan e sul campionato? Tenendo fede alla sua invidiabile tradizione dovrebbe far vincere lo scudetto al Milan. Dal 2003-2004, stava all’Ajax, non ha mai mancato di conquistare il titolo, che poi ci siano quelli revocati o cancellati poco conta. Sul campo ha vinto. L’ultimo con il Barcellona.
E allora capirete la faccia perplessa di Moratti che si vede rispedito all’indirizzo del mittente, cioè a Milano, il campione scaricato per far quadrare i conti e magari le teorie di Mourinho. Oppure basterà seguire Claudio Ranieri, che ieri è stato chiaro e lapidario: «Se il Milan prende Ibra, è ai livelli dell’Inter». Dunque la Roma rischierà di sentirsi antagonista meno privilegiata rispetto all’anno passato. I 12 punti di distacco, che hanno segnato l’ultima classifica e la differenza fra Inter e Milan, ritroveranno un più realistico raffronto. L’Inter ricomincerà a sentire il peso psicologico di un antagonismo più sostanzioso.
Che poi Ibra dovesse entrare nella storia rossonera, forse stava scritto nel destino. Lo scoprì per primo Silvano Ramaccioni. Era l’estate del 2003 e la squadra giocò un’amichevole ad Amsterdam contro l’Ajax. In campo c’era Ibra. La mattina successiva, prima di ripartire per Milano, il vecchio «Rama», intenditore davvero con i baffi, telefonò in sede. «Guardate che questo Ibrahmovic sembra Van Basten giovane: si muove come lui. Vale davvero». Non fu ascoltato. Verissimo, quel ragazzo, visto dal vivo, dava l’idea di un novello Van Basten. Poi, con il tempo, l’impressione cambiò. Ma Ibra è diventato Ibra, con il bello e il brutto del suo carattere e del suo giocare, in deficit a livello internazionale ma conquistatore di scudetti.
A questo Milan basterebbe riassaporare il profumo di scudetto, visto che non lo vince da sei anni: sembrano pochi ma per i rossoneri sono vicini all’eternità. Il buon Allegri ieri si è lasciato metter spalle al muro: «Se arriva, la squadra sarà completa in tutti i reparti e ci resterà solo da lavorare per ottenere risultati». Dicono i sondaggi che il tifo rossonero, almeno nel 60 per cento, è affascinato ed esaltato dalla nuova faccia milanista. Soprattutto nuova faccia del Milan, intendiamoci. Seguiranno sproloqui sul trio delle meraviglie: Pato-Ibra-Ronaldinho. Anche se Ibra ha sempre dato il meglio potendo navigare da solo su tutto il fronte d’attacco. Un raffinato assist man come Ronaldinho, capace di servirlo in verticale, sarà ideale. Un bimbetto che vorrebbe il pallone solo per sè, come Pato, potrà avere difficoltà. Ma con un trio o un duo, l’effetto è garantito. Il campionato ritroverà un protagonista da amore-odio. Il Milan un giocatore che sa lasciare l’impronta. Ibra, al Barcellona, ha fallito perché non sa giocare negli schemi.

Allegri avrà un bel daffare, essendo nato giocatore quasi anarchico, ma essendosi trasformato in allenatore dal gioco prevalentemente rigoroso.
E Milano ricomincerà la sua eterna disfida: l’Inter quest’anno ha ceduto il suo talento più credibile, il Milan si rinforzerà con uno scarto di lusso nerazzurro. Dov’e l’errore? Lo scopriremo.

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