Un martello. È questa l’arma con cui Chiara Poggi sarebbe stata uccisa nella sua villetta in via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia, il 13 agosto 2007. A denunciare la scomparsa dell’attrezzo, compatibile con le ferite trovate sul corpo della vittima, è stato il papà della ragazza.
Un oggetto che da aprile, da quando la famiglia è tornata nella casa dissequestrata, manca all’appello e che l’assassino, probabilmente, ha portato con sé. Un’arma usata per colpire più volte Chiara, al volto e alla testa, fino a sfondarle la nuca.
Un martello comune, come quello usato dai carpentieri: quadrato da un lato e a coda di rondine dall’altro. Forme compatibili con le ferite riscontrate nel corso dell’autopsia. Il medico legale dell’istituto di Pavia, Marco Ballardini, aveva parlato di un’arma con caratteristiche precise: «Stretta superficie battente, spigolo molto netto, presenza di punta». Elementi che combaciano con l’oggetto mancante del delitto che vede come unico indagato Alberto Stasi, fidanzato della vittima. «Troppe coincidenze e un’unica assenza dalla casa della vittima che pesa», spiegano gli inquirenti. Una conclusione sulla quale concorda anche Gian Luigi Tizzoni, avvocato della famiglia Poggi.
«Quel martello che il papà di Chiara non trova - spiega - potrebbe essere l’arma che l’assassino ha usato per infierire sul corpo della ragazza e con cui l’ha colpita al viso e le ha sfondato il cranio». Un colpo inferto con violenza, ma anche di sorpresa. Chiara non ha avuto il tempo di difendersi, né di urlare, ma in un gesto istintivo si è toccata la testa sanguinante.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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