La Maddalena - Ultimo metro e ultimo secondo di una tranquilla cronosquadre d'apertura: il velocista Gasparotto taglia il traguardo davanti al capitano Di Luca, un favorito del Giro, soffiandogli l'agognata maglia rosa inaugurale. Lo zoom Rai inquadra proprio Di Luca mentre esprime al gregario la sua mite opinione. Che gli dirà mai? Orco mio? Orso pio? Lordo zio? No, neppure la lettura più innocente e benevola può lasciare margini di dubbio: a tutti i sani di mente, allenati dalle moviole tv al nuovo sport nazionale di leggere il labiale, appare chiaro come nei cieli di Sardegna risuoni la più terrificante delle bestemmie.
Eppure, ancora una volta non abbiamo capito bene. Come nei più recenti casi ciclistico-giudiziari, la verità ce la raccontano loro, gente attendibile e sincera. È lo stesso Di Luca a fornire la versione autentica: «Tutto bene, sono felice, siamo una squadra compatta, non sono assolutamente arrabbiato». Quanto a Gasparotto, che nel calcio definiremmo goleador di rapina, scarica elegantemente la colpa sul capitano: «Dopo l'ultima curva, ho sentito lo speaker urlare che la vittoria era questione di secondi. Ho tirato, poi ho rallentato per aspettare Di Luca, che doveva passare per primo e prendersi la maglia. Purtroppo non è più passato...».
Tutti i sani di mente pensano che anche al signor sponsor farebbe molto più comodo e darebbe molto più prestigio un Di Luca in rosa. Titoli e foto sui giornali, qualche strillo in televisione: Di Luca è pur sempre il fresco vincitore della Liegi-Bastogne-Liegi, nonché giovane belloccio che piace a mamme, zie e nipoti. Ma evidentemente anche questa è un'idea balorda e malevola, perché pure in questo caso è il direttore sportivo Zanatta a fornire la verità esatta: «Di Luca ha rallentato nell'ultima curva perché ha visto le cadute degli avversari (notoriamente, Di Luca mentre pedala a cinquanta orari guarda in tv la diretta Rai, ndr). Comunque siamo contenti così, l'importante è che vinca la squadra». Manca il tempo, altrimenti ci direbbe che hanno studiato il piano a tavolino, nella riunione tattica, davanti al caffelatte...
Caso mai non si fosse capito, il Giro è cominciato. Con le sue atmosfere surreali, le sue storie folkloristiche e i suoi numeri da circo equestre. Un gregario manda a carte quarantotto il sogno rosa del suo capitano, questo capitano giustamente schiuma come un bisonte, ma alla fine ti spiegano che i perfidi siamo sempre noi, perché cerchiamo il torbido e il veleno dove non c'è. E allora, per farli contenti, mettiamola così: in realtà, a Di Luca la maglia rosa fa letteralmente schifo, il solo pensiero proprio gli mette il vomito, tant'è vero che al momento di vestirla - dopo averla sognata per tutto l'inverno - prontamente tira i freni e lascia campo libero al gregario.
Cosa dire: il suo bilancio resta comunque disastroso. Lui, che odia la maglia rosa e non bestemmierebbe mai per averla persa da un gregario, in soli 26 chilometri infligge 13'' a Savoldelli, 42'' a Cunego, 49'' a Popovich, 1'25'' a Simoni e Riccò. In termini squisitamente tecnici, è più o meno come se con la fionda avesse tirato giù un condominio. Magari i duri come Simoni spiegano che non conta nulla, perché poi sulle montagne i distacchi pioveranno a chili, ma forse non bisognerebbe mai dimenticare che proprio Simoni - tanto per dire - ha perso il Giro 2005 per 28''.
In ogni caso, diciamolo: a tutti quanti noi, che notoriamente prendiamo lucciole per lanterne, o scambiamo orrende bestemmie per sincere felicitazioni, sembra un inizio abbastanza pirotecnico, considerando la portata dell'impegno. Ci sembra persino che Di Luca abbia tutta l'aria di fare sul serio. Ma non bisogna dirglielo: in realtà, a lui la maglia rosa fa schifo. Corre il Giro per evitarla.
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