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La Gdf cerca Google "Evasi 50 milioni"

Un sistema di società satellite avrebbe nascosto al fisco tutti i ricavi italiani della multinazionale americana. I soldi sarebbero finiti non alla filiale di Milano ma direttamente alle società-madre di Dublino, la Google Inc. e la Google ltd.

La Gdf cerca Google 
"Evasi 50 milioni"

Milano - La Guardia di finanza e la Procura della Repubblica di Milano hanno scavato per mesi nei conti italiani di Google, il più importante motore di ricerca internet del pianeta. E alla fine hanno raggiunto la convinzione che Google - oltre agli algoritmi segreti con cui orienta i suoi utenti nell’oceano del web - abbia messo a punto anche sistemi meno complessi per evadere il fisco. Così ai vertici della società viene ora contestata quella che tecnicamente viene definita una «esterovestizione». Significa, più semplicemente, che Google avrebbe mascherato le proprie attività italiane dietro lo schermo delle sue società estere, in modo da non fare i conti con il nostro fisco.
Il rapporto conclusivo del Nucleo di polizia tributaria delle «fiamme gialle» è arrivato poco prima di Natale sul tavolo del sostituto procuratore Carlo Nocerino, del dipartimento reati economici della Procura milanese.

La relazione della finanza sintetizza le analisi svolte sui bilanci fino al 2007 dell’azienda. Il conto totale parla di introiti complessivi per 257 milioni di euro nascosti al fisco italiano e di tasse evase per più di 51 milioni di euro. Ma l’aspetto più imbarazzante per il colosso Usa è il percorso investigativo che la Gdf ha seguito per approdare a queste conclusioni, e che rischia di mettere in crisi il modello di sviluppo seguito da Google per allargare la sua influenza a livello planetario.

Si tratta di una struttura ramificata in modo abbastanza complesso. La casa madre è basata a Mountain View, in California: sono basati qui gli elaboratori che permettono agli utenti di venire guidati tra gli otto miliardi di pagine web censite da Google. In teoria, dal punto di vista tecnico, l’intero impero potrebbe essere governato da Mountain View. Ma Google ha bisogno di essere presente sul territorio dei suoi utenti in tutto il mondo per un motivo molto semplice: è nei singoli Paesi che Google raccoglie i quattrini degli inserzionisti che sono il nocciolo del suo poderoso business, e che ne fanno una delle imprese con le performance migliori del mondo (ieri gli analisti danno i suoi ricavi netti a 1,25 miliardi di dollari). Per questo Google ha generato una serie di società satellite. Ed è qui che si è focalizzata l’indagine milanese.

Nel nostro Paese il colosso ha come braccio operativo Google Italy, con sede a Milano in corso Europa 9. Milano dipende direttamente, dal punto di vista amministrativo, dal quartier generale europeo: che ha sede a Gordon House, in Barrow street a Dublino. La scelta dell’Irlanda come sede continentale non è casuale: da parecchi anni ormai l’Irlanda ha abbassato drasticamente la tassazione a carico delle imprese, e questo ne ha fatto - se non un paradiso fiscale - uno degli indirizzi preferiti delle multinazionali. Google non ha fatto eccezione. Ma, nella sua ricerca di trattamenti fiscali favorevoli, secondo la Guardia di finanza è andata abbondantemente al di là del lecito.

Secondo il rapporto arrivato in Procura, una parte di tutto rispetto degli introiti raccolti da Google in Italia è stata incamerata non dalla filiale di Milano ma direttamente da due delle società-madre di Dublino, la Google Inc. e la Google ltd. La prima avrebbe rastrellato 40 milioni di euro e la seconda ben 217 milioni violando la normativa che obbliga a dichiarare al fisco italiano i redditi generati da aziende che abbiano «stabile organizzazione» nel nostro paese.

In questo modo, Google avrebbe evaso imposte per oltre 51 milioni: oltre il triplo della somma che appena pochi giorni fa il colosso ha dichiarato di devolvere in beneficenza, aiuti al mondo del non-profit e sostegno allo sviluppo.

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