La gelida sfida della Trans-Alaska Bike: il romano Colò cerca la grande impresa

Il «ciclista d’acciaio», così lo chiamano. Alessandro Colò, romano, vive a Morlupo, classe 1961. Con quell’acciaio, l’anno scorso ha tagliato in due gli Stati Uniti, dall’Oceano Pacifico all’Atlantico, vincendo - dopo due tentativi falliti - la massacrante ultramaratona Race Across America (Raam), la più dura competizione ciclistica del mondo. Pochi giorni fa ha intrapreso l’allenamento per una nuova, gelida sfida: la gara ciclistica più vicina al Polo Nord che esista, la Trans-Alaska Bike Race.
Si parte da Anchorage per arrivare a Valdez, attraversando le montagne di oltre 3300 metri dell’Eureka Summit. Un percorso sottozero di 700 km, da realizzare in 30 ore filate. Chi si ferma è perduto, il freddo è tale che i muscoli non si riprenderebbero dopo un temporaneo rilassamento. Al Thompshon Pass, si ritirano quasi tutti, a causa di una pendenza sfiancante del 18% e di vènti che raggiungono i 110 km orari. Il consumo calorico arriva a oltre 1000 calorie l’ora, con una perdita preventivata di almeno 8 kg di peso corporeo. Ma Colò ha buone possibilità di essere il primo europeo a portare a termine la gara. Tanto per tenersi in forma, ha infatti appena battuto un record del Guinness dei Primati: 280 ore tutte di fila, sul sellino, senza mai dormire.
Ogni notte, una sgambata Monterotondo-Sangemini e ritorno, giusto in tempo per portare a scuola i due figli. Dietro ogni grande impresa c’è sempre qualche ferita interiore da sanare: alle sue spalle Colò ha un passato di imprenditore edile, concluso con il fallimento delle sue aziende e con l’abbandono da parte di amici e parenti. Poi, una malattia al sistema neuro-vegetativo finché, a 37 anni, ha avuto la folgorazione sulla via dell'ultra-ciclismo, da cui la decisione di partecipare alla Race Cross America.
Otto mesi di allenamento per macinare 5000 chilometri in 11 giorni, continuamente sulla bicicletta; per sostenere un’ora di sonno a notte, con escursioni termiche da far scoppiare le ossa; per abituare lo stomaco alla dieta rigorosamente liquida, risparmiando persino sulle calorie «sprecate» per la digestione. Per abituarsi alla calura del deserto, non aveva trovato niente di meglio che pedalare per tre o quattro ore in sauna. Poi, in gara, le piaghe terribili, i problemi articolari e muscolari. Due svenimenti, uno per un colpo di sole e l’altro per sovraffaticamento, ma è rimontato sempre in sella, nonostante lo sconforto, mentre gli ripassava davanti agli occhi la tragica esperienza del 2005, quando vide morire il concorrente che lo precedeva, finito sotto un camion per un colpo di sonno. Finalmente la vittoria: una semplice targa di legno, niente soldi; solo la gloria di un’impresa ai limiti del superomismo.

Per mantenere se stesso e la propria attività sportiva, Colò insegna spinning nelle migliori palestre della Capitale; la cronica mancanza di sponsor non lo scoraggia.
«Devo tanto alla mia compagna - afferma Alessandro - il suo sostegno è responsabile del 30% del mio successo. L’amore di una donna che vuole la tua realizzazione, è una risorsa potentissima».

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