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Gelmini: ecco come si diventerà insegnanti

RomaIl ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini sceglie il Meeting di Rimini per annunciare il cuore della sua riforma: le nuove regole per la formazione degli insegnanti.
Tra i punti cardine del progetto del governo l’introduzione del tirocinio, da svolgere direttamente a contatto con le scuole e col mestiere dell’insegnante «perché insegnare non può essere solo teoria ma anche pratica», dice il ministro, e con il tirocinio si passa «dal semplice sapere al saper insegnare».
Il numero dei nuovi docenti poi sarà deciso sulla base del fabbisogno. Si chiude con la fabbrica dei precari e dunque l’immissione in ruolo diventerà immediata. Necessaria la laurea quinquennale per insegnare alla materna e alle elementari. Per la docenza nelle medie e nelle superiori sarà necessaria la laurea magistrale e un anno di tirocinio attivo. Infine i docenti dovranno conoscere l’inglese e avere più padronanza delle nuove tecnologie.
Proprio sulla preparazione e il perfezionamento dei docenti lungo l’intera carriera si gioca la partita più importante per il mondo della scuola e la riqualificazione dei livelli di apprendimento degli alunni. E lo sa bene la Gelmini che definisce quello della formazione «un nuovo tassello per il cambiamento del nostro sistema scolastico, un tassello fondamentale perché riguarda la formazione iniziale dei futuri insegnanti». La prima scelta è quella di operare «una selezione severa, doverosa per chi avrà in mano il futuro dell’Italia». Cancellate, come annunciato, le vecchie scuole di specializzazione Siss definite dal ministro «una fonte di precariato e un sistema di formazione obsoleto» anche perché le Siss, aggiunge la Gelmini, «avevano continuato a funzionare determinando, dopo la chiusura delle graduatorie, la presenza di tantissimi giovani precari che non avevano diritto a un posto». Il governo vuole chiudere con l’era del precariato i balletti delle graduatorie e le attese infinite dei tanti giovani invecchiati in attesa di passare di ruolo e conquistare una cattedra. L’unica via, sostiene il ministro, è regolare l’accesso alla professione.
«È indispensabile una programmazione all’ingresso - spiega la Gelmini -. Quindi l’accesso al corso di laurea sarà a numero programmato sulla base dell’effettivo bisogno di posti che la scuola evidenzia. Altrimenti si creano aspettative che diventano delusioni». Tanti posti, tante matricole.
Ancora tutta da definire invece quella che dovrà essere la carriera dei futuri insegnanti. La Gelmini conferma l’intenzione di voler collegare gli scatti di stipendio a un maggior impegno. Su questo punto sarà necessario un confronto approfondito con i sindacati e le novità dovranno essere definite in sede di contratto nazionale.
Inevitabile per il ministro affrontare anche il tema del finanziamento alle scuole private. I tagli nelle Finanziaria dello scorso anno avevano inizialmente ridotto drasticamente anche i fondi destinati al sostegno delle scuole paritarie. Fondi poi ripristinati con un ulteriore finanziamento di 120 milioni di euro. L’auspicio del ministro è che per quest’anno scolastico «non ci siano gli stessi problemi dell’anno scorso». La Gelmini ribadisce una grande attenzione verso le scuole paritarie e annuncia anche «l’istituzione di una sezione sulla parità in ogni ufficio scolastico regionale, per superare gli adempimenti burocratici e favorire la valutazione».
E dopo tante polemiche il ministro torna di nuovo sulla questione dell’insegnamento del dialetto a scuola. Come già precisato, la Gelmini ribadisce di ritenere non soltanto giusto ma utile che «la scuola si occupi di trasmettere ai ragazzi la conoscenza dell’identità, della storia, dei luoghi e della cultura di un determinato territorio». Dunque sì a un legame maggiore tra gli alunni e la propria terra.

Meglio però «non soffermarsi troppo sul dialetto», conclude il ministro, ritenendo più importante «la difesa dell’identità che è fatta anche di tradizioni locali».

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