Politica

Il gelo di D’Alema e Rutelli Bertinotti perde la pazienza

Il ministro degli Esteri arriva in aula con un quarto d’ora di ritardo. Il presidente della Camera non gradisce le ripetute interruzioni del discorso: «Vada avanti»

Laura Cesaretti

da Roma

La poltrona alla destra di Prodi, sui banchi del governo, è vuota. D’Alema, trattenuto da «impegni alla Farnesina», non c’è, mentre l’altro vicepremier Rutelli è già seduto alla sinistra del presidente del Consiglio. A Prodi quel buco al suo fianco ripreso dalle telecamere non piace, e prima di alzarsi e prendere la parola sul caso Telecom, chiede al ministro Chiti di spostarsi per riempirlo.
Poi D’Alema arriverà, perdendosi il primo quarto d’ora di intervento del premier. Mani in tasca, chewingum in bocca, attraversa l’emiciclo e va a sedersi sui banchi della Quercia. Assisterà immobile, di lì a poco, alla rissa che si scatena tra Prodi e l’opposizione. D’altronde è tutta l’Unione a non scaldarsi granché, né per la rissa né per l’aggressiva autodifesa del premier. Due soli applausi, tiepidi, uno quando Prodi assicura che non ci sarà «uno Stato proprietario della rete», l’altro, di rito, alla fine. Di rito e non di tutti: D’Alema, ad esempio, che dopo la pausa ha preso il suo posto accanto a Prodi, non applaude. Ma dall’entourage prodiano si sorvola: «Quell’applauso di tutti dimostra che la maggioranza è unita attorno al premier», assicurano.
All’inizio della bagarre, quando Prodi continua a ripetere quel «per me personalmente...» che ogni volta, per otto volte, fa esplodere i «buuuh» e i battimani ironici della Cdl, qualcuno dei suoi prova a spingere il premier a non impuntarsi: «Vai oltre», gli sussurra Rutelli. «Vada avanti», lo sollecita dalla presidenza Bertinotti. Poi capiscono che è quel che Prodi vuole. «Lo sapevamo che sarebbe andato allo scontro», ammette un esponente dell’Ulivo, «dal suo punto di vista era la miglior difesa, così i titoli dei giornali saranno sulla destra che gli ha impedito di parlare e non sulle accuse di aver mentito sul caso Tronchetti-Rovati». «Certo - sospira un dirigente della Margherita - quel riferimento a Telekom Serbia poteva risparmiarselo, meglio non ricordarlo agli italiani...».
Dopo la rissa, nella conferenza dei capigruppo Bertinotti chiede alla Cdl di lasciar parlare il premier: «Se ci saranno altre interruzioni, farò chiudere la diretta tv». Ma Franceschini, per l’Ulivo, si oppone: «Non va interrotta, meglio che la gente veda». «Allora il premier smetta di provocarci», ribatte La Russa. È Fassino ad assumersi in aula l’onere di parare i duri colpi della Cdl, chiedendo di parlare dopo Tremonti e Fini. Ma il leader ds si limita a una difesa politica del governo, guardandosi bene dal citare gli incontri con Tronchetti, il nome di Rovati, i comunicati di Palazzo Chigi. Nei corridoi di Montecitorio, intanto, quel «per me personalmente» è già diventato un tormentone che tutti si ripetono.

«Blob ci andrà a nozze per mesi», sospira il portavoce di Prodi, Silvio Sircana.

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