Il generale a Bertinotti: «Lei è un opportunista»

Emanuela Fontana

da Roma

Una carezza sulla bara, una mano posata sul tricolore. Prima mamma Luisella e poi papà Marco. È stato l’ultimo «ciao» dei genitori del caporalmaggiore Pibiri morto a Nassirya al figlio Alessandro, il ragazzo in uniforme dal viso abbronzato che per tutta la cerimonia ha sorriso nella foto posata sul feretro, davanti all’altare della basilica di San Paolo fuori le Mura. Alla sinistra le autorità, le prime due file occupate dalla maggioranza con le vistose assenze di Verdi e Comunisti Italiani, a destra i familiari e gli amici di Alessandro. «Ciao cugino, tuoi Sandrino Luca», legge una zia nella basilica gremita. La preghiera del soldato è stata recitata dal comandante di Alessandro Pibiri, il tenente colonnello Domenico Roma, che ha accompagnato il suo caporalmaggiore anche nell’ultimo viaggio da Nassirya.
Il dolore, ma anche la politica è entrata a San Paolo. Il giorno prima il fratello di Alessandro Pibiri, Mauro, si era indignato con il segretario dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto che davanti alla Camera ardente spiegava ai giornalisti: «Io l’avevo sempre detto di non andare in guerra». Ieri Diliberto, tra i primissimi ad arrivare al Celio giovedì, non era in chiesa. C’era invece il presidente della Camera Fausto Bertinotti, alla sinistra del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «È un opportunista», gli ha gridato il generale Gianalfonso D’Avossa. E così anche la giornata di ieri si è risolta in un black out tra una parte del governo e l’ambiente da cui provengono Alessandro Pibiri e tutti i caduti di Nassirya.
Il sangue «della sua giovane vita - ha detto monsignor Angelo Bagnasco, ordinario militare per l’Italia, durante l’omelia - non è sparso invano, così come quello di tutti i caduti nel compimento del proprio dovere al servizio degli altri in Italia e all’estero».
Nella prima fila alla destra dell’altare, accanto al padre e alla madre, il fratello Mauro, e alla sua destra, Valentina. Alla fine della Messa, è andata a prendere la foto appoggiata alla bara e l’ha guardata per pochi minuti. Poi l’ha posata nuovamente accanto al tricolore quando il corteo funebre è partito alla volta di Ciampino, da dove il caporalmaggiroe Pibiri della brigata Sassari ha raggiunto la sua terra, la Sardegna.
Otto applausi hanno accompagnato l’uscita della bara dalla basilica, lungo la navata centrale, nel cortile e poi ancora nello spiazzo antistante. «Tutti con un unico cuore - ha scandito monsignor Bagnasco durante l’omelia - ci sentiamo percossi, ma anche per questo più decisamente uniti». Nel governo, il primo ad avvicinarsi all’altare per la comunione è stato Francesco Rutelli, a seguire Rosy Bindi e infine Romano Prodi.
Nessuno ha rilasciato dichiarazioni. Solo Bertinotti, inseguito dai giornalisti, ha spiegato che questo è «il giorno del lutto e non delle parole». Ma è stato interrotto dal generale in congedo D’Avossa: «Ecco il presidente opportunista, ecco l’opportunista di turno», lo ha apostrofato. Bertinotti gli ha risposto: «Lei si qualifica per quello che dice». D’Avossa racconta che poco dopo questo battibecco, mentre stava lasciando San Paolo, è stato affiancato da una volante della polizia. Gli agenti sono scesi e gli hanno detto: «Bravo generale, magari tutti i generali fossero come lei».
Non si è trattenuto di fronte a Bertinotti, spiega, perché «si è presentato con la spilletta della pace alla rivista militare del 2 giugno. Certamente non ha rispetto per i militari. Si è permesso di candidare e poi far eleggere una senatrice che, per fortuna, non è stata eletta presidente della commissione Difesa (Lidia Menapace, ndr.) secondo cui la vita militare è una vita di m... Di fronte alla bandiera non sta sull’attenti, a differenza di quelle personalità specchiate come Giorgio Napolitano e in passato Nilde Iotti e Pietro Ingrao.

Vederlo in chiesa non ha senso. La sera frequenta i salotti romani, gli stessi dove vado anch’io, ma quando lo incontro me ne vado immediatamente. Fa tanto l’uomo di mondo ma non si può scherzare sul sangue dei nostri soldati».

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