Generali si metterà alla ricerca di opportunità di crescita tra le crepe lasciate dalla crisi nei bilanci di gruppi come Ing o Rbs ma promette da subito che a fine anno il dividendo sarà in contanti. Lamministratore delegato Giovanni Perissinotto riassume le strategie del gruppo triestino alla comunità finanziaria allindomani della trimestrale della ripresa (390 milioni lutile netto): in Piazza Affari il titolo ha guadagnato lo 0,4% dopo le buone pagelle di Kbw e Jp Morgan.
«Siamo in grado di pagare un dividendo, labbiamo fatto anche in momenti difficili sempre con soddisfazione per gli azionisti. Saremo in grado di farlo anche» per il 2009, ha assicurato Perissinotto precisando che Trieste mira a un pay-out pari al 40-45% «anche se bisogna tenere conto del nuovo trend che punta a una maggiore conservazione del capitale». Anche perché, sebbene il peggio sia alle spalle, le conseguenze della crisi continueranno a gravare sul sistema. Gli ingranaggi industriali delle Generali si sono però rimessi in movimento e malgrado il terremoto dellAbruzzo, il combined ratio (uno dei parametri cardine per misurare il business assicurativo danni) rimarrà sotto il 100% e quindi redditizio, ha detto il direttore generale Raffaele Agrusti.
A parlare di shopping è stato invece Perissinotto con il Financial Times: «Ci saranno delle opportunità sul mercato, ma per il momento non abbiamo visto i prezzi adeguarsi alle attuali condizioni più dure. Presto vedremo degli asset sul mercato». Superata la barriera del prezzo, lobiettivo delle Generali resta puntato fuori dallItalia, sui mercati a maggior tasso di crescita, anche per evitare i paletti dellAntitrust.
Gli alleati di Intesa Sanpaolo, con cui Trieste ha già rotto il legame nella bancassurance, devono però ancora scrivere il destino di Fideuram. Sulla società di risparmio gestito si è affacciata la Exor della famiglia Agnelli ma tra le sale operative cè chi è convinto che la partita potrebbe essere, perlomeno sulla carta, interessante anche per Banca Generali: sia perché entrambe le reti di promotori hanno una struttura a «piramide» e sono specializzate sulla clientela medio-alta sia per le filiali sul territorio. Una operazione di tale portata solleverebbe però notevoli difficoltà sotto il profilo finanziario a causa della sproporzione tra preda e predatore e del valore attorno cui starebbe ragionando Intesa. Ca de Sass punterebbe a ricavare almeno 3 miliardi che, notano alcuni analisti, significa pagare Fideuram il 5% delle masse, quando sul mercato il costo dei migliori promotori si ferma al 2,5%.
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