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Genitori hooligans, il rugby australiano si scopre violento

Troppe risse, la federazione australiana vieta ai papà di andare alla partita

Genitori hooligans, 
il rugby australiano 
si scopre violento

C'era una volta il rugby di nobili principi, quello che si nutriva di tradizioni di lealtà ma anche di frasi fatte (la più celebre resta «il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da bestie, il rugby uno sport da bestie giocato da gentiluomini»). L'immagine che lo sport della pallaovale amava trasmettere di sè all'esterno era quella di una disciplina dove l'asprezza dello scontro fisico era temperata e in qualche modo giustificata dal rispetto per l'avversario, dall'osservanza scrupolosa delle regole, dalla deferenza verso l'arbitro, dall'amicizia reciproca. Di questa immagine - e, diciamolo pure, di questa retorica - l'evento-simbolo era il «terzo tempo», la sessione di mangiate e (soprattutto) di bevute che accomuna dopo gli incontri avversari che fino a pochi minuti prima se le sono date di santa ragione.
Ma i tempi cambiano sotto ogni latitudine, e neanche il rugby è più quello di una volta. Dagli antipodi arriva una notizia che fino a poco fa sarebbe sembrata uno scherzo: il Nuovo Galles del Sud, il più popoloso Stato del continente australiano, ha intenzione di vietare le partite giovanili di rugby ai genitori dei giovani rugbisti e questo per combattere una specie di «sindrome da rissa», che caratterizza negli ultimi tempi le partite dei campionati giovanili.
Il fenomeno era sotto osservazione da diverso tempo ma a fare traboccare il vaso era stato un episodio avvenuto nell'ultimo fine settimana, quando un uomo è stato gravemente ferito e ricoverato in ospedale dopo avere tentato di sedare un diverbio fra due genitori. «Quello che è accaduto in questo fine settimana è inaccettabile - ha dichiarato Geoff Carr, capo del movimento rugbistico dello Stato australiano - è necessario che i genitori siano a conoscenza delle gravi conseguenze».
Il comportamento aggressivo degli atleti Juniores nelle partite - e dei loro familiari - è diventato un problema, in Australia, tant'è che la Commissione sport del Paese ha pubblicato una breve guida su questa «brutta sindrome». «Questo tipo di comportamento è spesso citato come uno dei motivi principali per i quali i bambini non vogliono più praticare questo sport», aveva affermato la Commissione fin dal 2007. Invano, a quanto pare.
Difficile spiegare i motivi della mutazione. Di certo l'avvento del professionismo ha cambiato alle radici lo spirito della disciplina e ne ha evidentemente minato la particolarità: nel bene e nel male. E come ai livelli più alti la regola del business ha soppiantato lo spirito dilettantistico, così ai livelli inferiori una deriva «calcistica» sembra segnare i comportamenti dei protagonisti. Anche se, a dire il vero, cose antipatiche dentro e fuori dai campi da rugby ne sono sempre successe, con tanti saluti allo spirito di William Webb Ellis, il padre fondatore della disciplina.

E i vecchi rugbisti raccontano anche di «terzi tempi» degenerati in risse senza esclusione di colpi.

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