Genoa e Sampdoria: quando il calcio viene preso malamente a calci.
Sul fronte blucerchiato, dal sabato della Cornucopia gentile omaggio di Varese, Padova e Brescia in aggiunta alla propria vittoria (bel primo tempo, scialba ripresa) sulla Nocerina, al venerdì della Malapasqua con l'autobeffardo buon peso della neghittosa caduta a Crotone al pronto riscatto dei citati Varese, Padova e Brescia. Risultato: a 8 tappe dalla conclusione della «regular season», 24 punti in palio, la Sampdoria continua a sfogliare la margherita dei play-off. Con un inquietante tarlo alla memoria. Ad onta del confortante inizio del girone di ritorno (25 punti raccolti in 13 partite), che è valso talora meritate e talvolta eccessive lodi all'allenatore subentrato, constato che le cose stanno ora esattamente al punto in cui stavano quando Iachini prese il timone della navicella blucerchiata in sostituzione di Atzori: dopo la 15a la Sampdoria era infatti settima a 3 punti dal 6° posto (Verona) e 5 dal 5° (Reggina), mentre dopo la 34a - ad onta dei discreti rinforzi di gennaio - si ritrova ottava a 4 punti dal 6° (Varese) e 5 dal 5° (Padova). Gira e rigira, se non è zuppa è pan bagnato.
Ciò che mi ha maggiormente deluso, nel match contro un avversario puntiglioso e manovriero ma modesto come il Crotone, è stata l'ignavia tattica dei blucerchiati. Quei Pellè (ancora lento), Eder (a quando il primo gol?) e Juan Antonio (di nuovo trasparente) abbandonati al loro triste destino da tre mediani (Munari in calo, Obiang frenato e Renan inespresso) infingardamente votati a coprire una difesa più che sufficiente al centro (Gastaldello-Rossini) e pazienza se approssimativa a sinistra (Laczko) e scellerata a destra (Berardi). Cioè - ripeto in considerazione della modestia del Crotone e della cocciuta rinuncia di Iachini a Krsticic, il centrale più rapido e propositivo in dotazione, inspiegabilmente inchiodato alla panchina - un centrocampo malinconico emblema di una mentalità sparagnina, che per chi debba recuperare è perdente di fatto.
Per finire, il gol beffardamente subito in extremis dal valoroso semiblucerchiato Eramo (Renan di sasso) con le stimmate della punizione divina mi induce a ribadire un concetto che espressi a suo tempo: perché la gestione Garrone, giustamente attenta ai costi, non ha avuto la lungimirante forza di approfittare della retrocessione in B per affidare a Poli (ormai purtroppo titolare all'Inter), che si sarebbe accontentato di guadagnare un terzo di Palombo, l'eredità di Palombo? Perché non rifondare l'organico su altri due o tre elementi cardine contornati da giovani talenti di corsa sciolta e modesto ingaggio come appunto lui - Eramo - cosiccome i Cacciatore, i Regini, i Signori sventatamente ceduti in prestito o in comproprietà a Crotone, Varese, Empoli, Modena, dove risultano costantemente tra i migliori?
Ieri, Paolo Mantovani avrebbe compiuto 82 anni. Ad ogni anniversario cresce la nostalgia per l'Uomo che, soffiando via via i migliori giovani alla concorrenza (Pellegrini, Vierchowod, Mancini, Pari, Mannini, Vialli, Pagliuca, Lombardo) e gelosamente conservandoli, creò la Sampd'oro. Ma restiamo all'oggi, nell'impenitente speranza che per l'ordalia di sabato col Brescia (Marassi, ore 15.00) Iachini riesca infine a proporci una squadra all'altezza dei suoi tifosi.
Frattanto il Genoa, preda della perversa «sindrome cugino», scivola sempre più giù. A poco è valso il sudatissimo punticino preso a Novara dal riciclato «mister Catenaccio». Di Male(sani) in peggio, non resta che un gradino da 4 punti fra il Grifone e la serie B. Per fortuna nella disgrazia, domani sera il Lecce del furibondo Cosmi sarà duramente impegnato nella tana dell'ambizioso Montella, mentre a Marassi (ore 20.45) sarà di scena un Cesena tuttora lealmente combattivo (pari a Lecce e col Bologna) ma che più condannato di così non si può. A 7 tappe dal traguardo, 21 punti in palio, che squadra e quale atteggiamento ci farà vedere stavolta «mister Catenaccio»? Non più - spero - il palla lunga e pedalare: quello stantìo uno massimo due là davanti a battersi in solitudine, sperando che 3-buone-palle-3 fruttino un gol; e nel mezzo, rigorosamente dalla propria trequarti in giù, in otto o nove strettamente allineati e coperti.
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