Cronache

il dibattito

2 FU UTILE DAGLI ANNI '60

La storia della Camionale

nata per dare lavoro

Un po' di informazioni sulla Camionale Genova-Valle del Po che, come riporta il cippo a Serravalle Scrivia fu iniziata nel 1932 e completata nel 1935 con l'impiego di circa 27.000 persone nei cantieri. Il sig. Dario Borro, classe 1915,originario di Grondona (Al) ma a Bogliasco dal 1955, amico di gioventù di Fausto Coppi mi ha raccontato che dopo la crisi del 1929 era ripresa l'emigrazione da quelle zone verso l'Argentina che tra fine '800 e la prima guerra mondiale spopolò i paesi del basso Piemonte e nel 1932 il governo italiano volle limitare l'emigrazione con un piano di grandi opere pubbliche tra cui la Camionale per collegare Genova alla Valle del Po anche se allora il trasporto merci avveniva per ferrovia e poco su strada se non con i carrettieri ed i primi autocarri con le marce ridotte (basta vedere gli scali merci di Busalla, Ronco Scrivia, Arquata Scrivia, Stazzano, Novi Ligure oggi dismessi) in quanto il boom del trasporto su gomma iniziò dopo l'ultima guerra quando l'esercito americano vendette a prezzi stracciati migliaia di automezzi usati che non valeva la pena riportare al di la dell'oceano. Le opere pubbliche servirono a dare un po' di lavoro a tante persone senza lavoro cui non sarebbe restato che emigrare e l'utilità della Camionale venne fuori negli anni della ricostruzione (prima del raddoppio dei primi anni '60) quando la Camionale aveva tre corsie di cui due in salita una per il traffico lento e l'altra di sorpasso per le auto, ed una corsia per la discesa; si trattò di uno schema utile finché il traffico restò limitato e poi divenne pericoloso tanto che fu abolito negli anni '70 sulla Savona-Torino il cui raddoppio richiese decenni ed oggi finalmente riusciamo ad andare a sciare nel Monregalese in tempi accettabili.
Mario Lauro
2 LA «RADIO PIRATA»

Quell'articolo sulle foibe

ha svegliato la mia memoria

Carissimo dottor Lussana, a firma Matteo Sacchi è apparso sul nostro il Giornale un articolo breve, terribilmente breve, intitolato: «Una radio pirata per liberare l'Istria». Molti anni fa ebbi modo di conoscere il comandante Albrizio (o Albrisio), un Capitano di Vascello della Marina militare italiana, in servizio all'Istituto Idrografico di Genova. Era burbero come qualsiasi uomo di mare con alte responsabilità e mi accolse, nel suo ufficio, con cortese distacco. Quando venne a sapere il motivo della mia visita ed il luogo della mia nascita (Pola), si trasformò e, da severo quale si dimostrava, apparve indulgente e bonario. Mi parlò della «radio pirata», di come venne a farne parte e di come venne allestita l'emittente; dei rischi che correvano i componenti il team; di come si procuravano e con quali rischi le notizie; della messa in onda dei notiziari. Parlammo e parlammo dell'orribile periodo, delle persecuzioni comuniste, dei campi di concentramento slavi (che nulla avevano da invidiare a quelli nazisti od a quelli sovietici); delle esecuzioni senza processo; degli infoibamenti. Sono sicuramente sciocchezze, le mie, ma leggere sul nostro il Giornale della «radio pirata» mi ha fatto fare un volo a ritroso nel tempo e tornare a, quando giovanissimo, mi intrufolavo (unitamente al gruppetto di fedelissimi) nelle zone dominate dai comunisti slavi a creare scompiglio. Erano altri tempi. Gli italiani di allora, gli italiani d'Italia, troppo occupati ad abiurare la loro fede fascista ed a trasformarsi nei famosi 45 milioni di partigiani comunisti combattenti, fingevano di ignorare quanto stava accadendo nell'estremo est italiano.
Enea Petretto
2 E IO L'HO ANCHE VOTATO

Incredibile che Fini possa

andare ancora in Parlamento

Buon giorno, caro dott. Lussana, la leggo sempre con immenso piacere, apprezzo e condivido le sue idee che, quasi sempre, se non sempre, collimano con le mie. Oggi però, leggendo il Suo articolo su Fini, sono stato pervaso da un grande impulso: quello di complimentarmi vivamente con Lei per ciò che, in maniera veramente «lussaniana», ha detto su quel personaggio, così subdolo, così triste, così poco credibile! Se penso che, non poche volte, ho contribuito anch'io alla sua elezione a deputato... mi vengono i brividi. Da quanto Lei ha scritto oggi, temo che la mia speranza di non vederlo più al Parlamento sia, ahimè vana. Infatti, mi fa capire che, di riffa o di raffa, un posticino per l'ex-delfino del grande Almirante ci sarà sempre... Peccato perché, certi personaggi, così ambigui, così «voltagabbana» andrebbero messi in soffitta. Per non parlarne più! Ed invece dovremo sorbirceli per altri anni!
Tonino Torre
2 TESTIMONIANZA

Genova bombardata

resta senza ricordo

Egregio Lussana, trovo semplicemente disdicevole e scandaloso - soprattutto per un Alpino come me -che sia passata nell'assoluto assordante silenzio delle Istituzioni genovesi la tragica ricorrenza del 9 febbraio. Quel giorno del 1941, Genova pagò un grande sacrificio in termini umani e materiali in conseguenza del terribile bombardamento navale inglese. Ma niente e nessuno sembra essersene ricordato: di più, la targa marmorea in ricordo dei tragici bombardamenti – posta all'interno dell'Ospedale Galliera per ricordare degenti, pazienti e lavoratori morti – è di una trascuratezza imbarazzante. E faccia comprendere, una volta di più, quale bene grande, immenso e prezioso sia la pace. Il 6 febbraio del 1941 una formazione di 14 navi inglesi, al comando dell'ammiraglio Somerville, aveva lasciato la base di Gibilterra alla volta delle coste italiane. Quello stesso giorno a Genova l'allarme era durato dalle 15.02 alle 16.14: si temevano nuove azioni aeree del nemico, tuttavia senza ipotizzare l'eventualità di un attacco dal mare. L'obiettivo primario delle navi inglesi (Forza H) è proprio il capoluogo ligure, secondariamente La Spezia, Livorno e i dintorni di Pisa. Affidandosi ad un'informazione, risultata poi completamente infondata, gli inglesi sperano di sorprendere in porto le corazzate Littorio e Giulio Cesare, in riparazione dopo il disastro della notte di Taranto. Alle ore 7.19 del 9 febbraio le unità della Forza H sono in vista del promontorio di Portofino. Alle ore 7.35 Genova viene posta in stato di allarme. Alle ore 8.15 le navi britanniche, che in quel momento si trovano al largo di Nervi protette da una densa foschia, danno inizio ad un furioso tiro di artiglieria che dura fino alle 9.45. Piovono sulla città 273 proiettili di grosso calibro e 1.182 di medio calibro, per un totale di circa 300 t. di esplosivo. I proiettili non colpiscono obiettivi di interesse militare ma, nella gran parte, case di abitazione, edifici religiosi, pubblici e monumentali. I morti sono 144, i feriti 227, i sinistrati 2.550. La città sconvolta riceverà la visita della principessa Maria José di Piemonte che si reca suoi luoghi maggiormente colpiti. Il 16 febbraio, nella chiesa di San Siro, viene officiata una messa in suffragio dei caduti alla presenza di tutte le maggiori autorità.

2 BUONA SANITÀ

Al Santa Corona un esempio

di cura del paziente

Egregio Dr. Lussana, si parla molto di «mala sanità» ma poco o mai di «buona sanità». Le voglio parlare di questa ultima poiché ho avuto la fortuna di incontrarla. Dovendo fare una serie di analisi e controlli alla mia vetusta struttura fisica, mi sono rivolto ad un amico che mi ha indicato l'Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure. Malgrado il disagio chilometrico non mi sono pentito della scelta. Ho trovato una struttura organizzatissima, pulita, ove la cortesia è di casa e dove l'efficienza è la parola d'ordine.

Volevo portare alla Sua attenzione questo, spero non raro, esempio di buona sanità .
Antonio Azzarà

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