il dibattito in redazione

2 IL CARDINALE «USATO»
Non date un colore

alla voce di Bagnasco
Caro Massimiliano, il discorso del Presidente della Cei Cardinale Angelo Bagnasco non è ne di destra ne di sinistra è una fotografia piuttosto reale e veritiera della società italiana e di conseguenza anche della politica di oggi.
Chi fa politica non è ne meglio ne peggio della normalità dei cittadini. È esattamente una fetta della popolazione italiana che ha deciso di dedicarsi al governo «della cosa pubblica».
Oggi l’Italia è questa, nel bene e nel male.
È vero c’è molta gente che all’apparenza lo approva, ma nel privato è lontano anni luce dal Bagnasco pensiero.
Ed ecco che spunta il vero cancro del nostro paese l’ipocrisia e l’opportunismo, c’è gente che arriverebbe al punto di «vendere la madre» pur di finalizzare i propri obiettivi di vita e di carriera.
L’ipocrisia, la falsità e l’invidia che detto in una parola rappresentano l’opportunismo più sfrenato sono i punti terminali di vita per moltissime persone cattoliche e non.
Quando dice «bisognerà rilevare che la socialità, e dunque l’etica, non potranno più essere, nella mentalità dei credenti, lasciate in seconda fila ridenti, lasciate in seconda fila, rispetto alla politica o all’economia quali optional marginali, ma devono essere coestese all’intera attività umana, anche a quella più arditamente complessa» approvo queste parole, ma non è solo questo che voglio dire.
Vorrei ricordare che gli anni ’80 e ’90, quelli dell’individualismo più sfrenato, hanno creato un modello di società di diffide gestione nel breve periodo.
Ci vorranno almeno due generazioni per arrivare a sposare nel concreto i concetti di vita espressi dal cardinale.
La mia generazione non è in grado di intendere e di volere (non parlo dalla luna, ma come parte in causa attiva), noi ci siamo venduti agli opportunismi degli ex sessantottini e molto altro. Non ci siamo impegnati nel rivendicare un tipo di società fondata sull’impegno e la fatica.
È più semplice essere opportunisti e non avere idee che essere coerenti ed avere idee e principi.
Oggi avere principi, prendere parte nelle vicende politiche e voler soffrire pur di realizzare uno scopo alto non appartiene alla realtà delle cose.
E questo anche in politica, di destra o di sinistra non fa differenza. Il «politicamente corretto» appartiene «alla grande» a tutti e due gli schieramenti.
Oggi nella maggior parte dei casi il merito si base sul non pensare, chi pensa è pericoloso potenzialmente un soggetto che potrebbe «scalarti» nella società.
Si, oggi la società civile e politica è proprio come una grande Spa.
Ci sono gli azionisti di maggioranza e quelli di minoranza dove se hai dei valori sei sicuramente di troppo e «non servi» alla causa e come tale sei spazzato via.
Un a volta si diceva tanto prima o poi chi ha valori e coerenze di vita emerge, magari nel lungo periodo.
Oggi sei un fallito prima e soprattutto nel dopo!
Meritocrazia?
Quella basata sull’opportunismo o quella delle persone capaci e volenterose?
È di moda certamente la prima.
Concludendo, cosa dire? Bagnasco ha perfettamente ragione, ma nel paese di oggi la gente preferisce farsi un aperitivo la sera che «dover pensare» alla quotidianità della vita della cosa pubblica. Tanto c’è chi pensa per noi.
2 REGOLE D’INGAGGIO
La legittima difesa

per i nostri soldati
Caro dottor Lussana, cinque anni or sono titolavo così un mio articolo: «Siamo in guerra (ma facciamo finta che no)»; articolo quanto mai d’attualità oggigiorno.
Ancora legati al complesso d’inferiorità dei vinti, non abbiamo la capacità di ripudiare la nostra ormai vecchia Costituzione e rifarcene un’altra di pochi articoli, ma essenziali, come - ad esempio - quella americana.
Legati a quel nefasto art. 11 («L’Italia ripudia la guerra... ecc. ...) mandiamo i nostri soldati a combattere proibendo loro di sparare, cioè col solo permesso di farsi ammazzare. Il che fa il paio con le norme del codice penale che consentono ai pubblici ministeri di imputare d’omicidio volontario il rapinato che spara al rapinatore.
La Costituzione italiana - parafrasando un intercalare di Bartali - «l’è tutta da rifare». Basti pensare che i padri costituenti (dei quali non più d’una decina esperti in diritto) invasati di resistenzialismo e decisi a cancellare ogni traccia del passato, partorirono una carta costituzionale che inizia così: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro...»; il che non significa nulla, oppure - se interpretato da chi conosce la lingua italiana - può significare soltanto che la conduzione dello Stato è affidata alle categorie lavorative. Ovvero: l’Italia è uno Stato corporativo. Cioè, quello che volevasi abolire.
Rebus sic stantibus, abbiamo un’alternativa impellente: o ci ritiriamo dai teatri di guerra, oppure consentiamo ai nostri soldati di combattere e difendersi, ripristinando gli abrogati articoli 5 e 10 del codice penale militare di guerra.
Il pericolo integralista musulmano (come scriveva Oriana Fallaci e come scrive Ida Magli) va combattuto per legittima difesa della nostra civiltà occidentale.
E per finire, andando contro il politicamente corretto e certo di suscitare quasi unanime esecrazione (forse anche la Sua) resto del parere che la pena di morte, in certi casi estremi, sarebbe necessaria e deterrente. Quei due padri - ad esempio - che hanno sgozzato le figlie perché occidentalizzanti, meriterebbero la ghigliottina, con seppellimento del capo avvolto in una pelle di maiale.
Io, per ragioni anagrafiche, non vedrò come andrà a finire.
Ai più giovani la scelta delle terapie.
Antonio Sulfàro
2 CAMPOMORONE
Un avversario

da ricordare
Scrivere due righe su Giorgio Agnoletto a poche ore dalla sua scomparsa, mi sembra doveroso per me che ha avuto il piacere e l'onore di averlo come avversario politico a Campomorone.
C'eravamo visti l'ultima volta ai seggi, il giorno della proclamazione dei risultati con la vittoria della sua parte, quella sinistra che ormai non gli apparteneva più. Lui, abituato a far politica da partigiano in un Partito Comunista dove ogni argomento è trincea, trovarsi in un partito senza un ideale e senza una figura carismatica credo gli mettesse angoscia e tristezza.
Una tempo ormai lontano le campagne elettorali, fatte di attacchi talvolta personali, finivano il giorno delle elezioni e, quel giorno di giugno, ci abbracciammo e commentando il voto, mi chiese di passare con loro... rimasi lusingato, ma come potrei? Si può essere avversari in politica, di idee, e noi lo eravamo, ma non bisogna sconfinare sul piano personale e umano, un po' come si legge nei racconti di Guareschi.
Lo stimavo, e lui, credo, stimasse me, ben conscio del fatto che qualora si fosse presentato il pericolo di una nuova «marcia su Roma», io sarei stato al suo fianco per impedirla.
Mi mancherà la sua figura, i suoi «richiami» all'ordine, le sue conversazioni, ma soprattutto ai giovani amministratori mancherà un modello di vecchia scuola politica, dove per conquistare un posto nella stanza dei bottoni, bisognava dimostrare di avere le qualità, partendo dalla gavetta.
Mi aveva invitato nel suo «buen retiro» di Voltaggio, ma di non andarci a mani vuote, di fare e portargli la sua caricatura. L'avevo in cantiere e sarei andato in uno dei prossimi week end, ma ahimè, lui non potrà più vederla.
Ciao Giorgio!
Davide Sacco
2CIRCOLAZIONE NEL CAOS
Politica degli annunci

anche nel traffico
Appena nominato ad inizio estate il nuovo assessore al traffico Farello, spinto dal consueto attivismo, tipico di chi ha appena ricevuto un nuovo incarico, si è affrettato ad annunciare un piano del traffico entro il mese di settembre. Siamo a fine settembre e il proclama del neo assessore sembra già uno sbiadito ricordo.
Intanto in città circolare è diventato sempre più difficile. Da anni molti genovesi hanno iniziato a spostarsi in moto, più per necessità, che per passione, ma anche muoversi con uno scooter a Genova non è cosa facile. Due anni fa, proprio di questi tempi, il mobility manager del Comune di Genova annunciava che entro quel fine anno sarebbe stato imposto il divieto di circolazione alle moto euro 0, per il noto problema delle polveri sottili. Dopo la giusta alzata di scudi di una categoria composta da migliaia di genovesi contro il troppo breve preavviso, non se ne fece più nulla (è questo fu un bene) e, soprattutto, non se ne seppe più nulla (è questo è meno positivo). Con la rottamazione in corso si preferì prudentemente attendere tempi migliori. Il rischio oggi è che si imponga nuovamente tale divieto con le stesse modalità e tempistiche di allora. Non è in discussione il problema, ma i tempi stretti della sua risoluzione. Perché non si sono usati questi due anni come un lungo preavviso, annunciando già la data di avvio del divieto?
Sempre in tema di traffico su due ruote è di questi giorni la rimozione delle moto in piazza Dante, con le numerose multe inflitte per divieto di sosta. Tutto correttissimo, formalmente, peccato che dopo anni di tolleranza si faccia scattare il pugno di ferro senza alcun preavviso. I motociclisti, che sono anche cittadini (e contribuenti!), hanno diritto di essere trattati con intelligenza e ragionevolezza. Anche in questo caso, come nel precedente, la questione in discussione non è nei contenuti (ineccepibili), ma nei modi e nei tempi. E, come sempre, nel mancato preavviso. Ma il mancato preavviso altro non è che incapacità di programmazione (per es. avvertendo prima dell'imminente giro di vite, da accompagnare, comunque, con la ricerca e messa a disposizione di spazi aggiuntivi per il parcheggio delle due ruote), che altro non è che incapacità di amministrare (in questo caso il traffico cittadino). Si potrebbero aggiungere altri argomenti: sempre in tema di traffico su due ruote il balletto, strisce gialle si, strisce gialle no, poi di nuovo si (e il tempo passa…).
Ma anche la politica ondivaga sul parcheggio dell'Acquasola: sì il Comune è contrario e dalla parte dei residenti, tuttavia non fa nulla in quanto dovrebbe altrimenti pagare salate penali!
E non parliamo della gestione fallimentare dell'Amt, con le giuste rivendicazioni dei suoi autisti.
Insomma siamo al caos totale.

Cosa della quale, purtroppo, i nostri amministratori non sono affatto consapevoli. Una mancanza di lucidità di cui i cittadini (e contribuenti!), si dovranno pur ricordare al momento opportuno…..
Francesco Caso
Vice coordinatore Pdl Genova

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