Il fine vita del testamento biologico genovese

(...) Dal novembre del 2009, quando è stato istituito, al dicembre dello stesso anno per il testamento biologico erano state depositate 35 manifestazioni di «ultime volontà». C'era stato il caso di Eluana Englaro, allora, a cui come sempre avviene in Italia era seguita una disputa politica sulla possibilità o meno di programmare il fine vita scegliendo di sottoporsi o meno e certe cure. Scegliendolo prima, soprattutto per quando non si è più in grado di scegliere. L'anno successivo, nel 2010, anche sull'onda di un dibattito sull'eutanasia che andava avanti, i testamenti biologici depositati a Genova sono stati 161. «In prevalenza persone con più di 60 anni che sono l'83 per cento degli iscritti - spiegano in Comune -, ma anche qualche giovane, anche sotto i 25 anni, e diverse persone tra i 50 e i 60 anni, donne in particolare».
Con il 2011, l'esistenza del «Registro comunale sui testamenti biologici» se la ricordano in 48, tanti sono i moduli depositati in dodici mesi. «Per l'anno in corso non ho ancora dati finali - spiega il dirigente comunale che si occupa anche di questo capitolo - ma certamente sono ancora meno». I problemi di tale disinteresse per un argomento che sembrava così sentito potrebbero essere due. «C'è poca informazione, magari i cittadini nemmeno si ricordano che esiste questo strumento - spiegano a Tursi - infatti stiamo pensando di chiedere all'assessore competente di fare un po' di tam tam, per dare nuovamente la comunicazione ai genovesi».
Il vero nodo della questione, però, è che il testamento biologico, così come è stato pensato anche dall'amministrazione genovese (ma sono anche altri i comuni in Italia che l'hanno istituito), non serve a nulla. Infatti la materia non è supportata da alcuna legge nazionale, e dunque di per sé il testamento non ha valore giuridico. È solo un modo per sapere che una determinata persona non vuole essere sottoposta ad accanimento terapeutico. E il modo è affidare al Comune e a un esecutore testamentario (il cui nome viene comunicato proprio al momento del deposito del testamento biologico) il compito di dirlo ai medici curanti. «Se poi i medici sono obiettori di coscienza... mah, non sappiamo», ammettono i curatori del registro. Insomma un'indicazione. Che può aiutare i parenti, ma non vincola i medici perché appunto la legge non lo prevede. E in assenza di una normativa nazionale i registri comunali siano essi di fine vita o di unioni tra persone, non sono cogenti.
Ma andiamo oltre. Dal 2009 ad oggi non vi è mai stato nessuno degli iscritti che abbia chiesto l'applicazione del testamento biologico precedentemente depositato. «Non sappiamo se siano tutte ancora vive le persone che ci hanno affidato le proprie volontà - spiegano ancora i responsabili del Registro - ma di certo nessuno è mai venuto a chiedere uno dei testamenti perché era il momento di farlo eventualmente applicare».


Tanto rumore per nulla dunque? Forse avevano ragione coloro che nel 2009 di fronte alla pervicacia dell'ex sindaco Vincenzi di istituire il registro si chiedevano che tipo di utilità avesse, e se non fosse più che altro frutto di uno scontro tra posizioni politiche, quelle più vicine alla Chiesa, per la quale il fine vita è in mano al Signore, e gli altri, figli di un modo laicista e determinista di pensare. Una legge parlamentare sul fine vita invece è chiesta da più parti, ma ad oggi nulla di definitivo esiste ancora. Ma di questo non deve né può occuparsi un Comune.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica