Garrone, svolta pop della Fondazione

Lo sapete, sono reo confesso. Da sempre, credo che la Fondazione Edoardo Garrone, sia un vero valore aggiunto per la cultura in questa città, un vero e proprio «cavaliere bianco» privato che supplisce, prima ancora che aiutare, il pubblico, in una città asfittica e ripiegata su se stessa. Con l'unica, meritevole, eccezione della Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale guidata da Luca Borzani.
Ma, proprio perchè sono un fan della FEG, dico anche con grande serenità e tranquillità che, in passato, soprattutto nei primi anni di attività, c'era stata una ricerca spasmodica del livello alto, che ha in qualche modo influito sulla programmazione. Faccio anche nomi e cognomi: se nei cicli sulla Costituzione ci si è inebriati di ogni parola che usciva dalla bocca di Zagrebelsky, forse c'era qualche problema di rapporto con le persone normali. Se in qualche serata dei «Lunedì FEG» sono stati ospitati cantanti od attori di supernicchia, amatissimi soprattutto da amici o parenti, forse c'era qualche problema di comprensione del termine «popolare». E, ribadisco, questo lo scrive uno che - a prescindere e persino con Zagrebelsky - ha sempre inserito la Fondazione Edoardo Garrone nei suoi personalissimi beni culturali.
Oggi, invece. Oggi, invece, siamo qui a raccontare un'altra storia.

Iniziata già da anni, con la nuova attenzione di Duccio Garrone - cuore, anima e, prosaicamente, anche portafoglio della Fondazione - e del suo indispensabile direttore generale Paolo Corradi, con l'inserimento di nuovi temi, nuove passioni e nuove parole d'ordine, anche molto popolari.
Una tendenza, assolutamente positiva, che - a mio parere - ha avuto (...)

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