Cronache

L'accordo su Fincantieri è un modello di sviluppo

L'accordo su Fincantieri è un modello di sviluppo

(...) se ci si impegna tutti insieme, aziende e sindacati, manager e lavoratori, senza urlare ma puntando al risultato, quel risultato lo si porta a casa. Il che, di questi tempi, è un trionfo.
Ricordate quando si bloccava la sopraelevata, quando lo stabilimento di Sestri Ponente sembrava destinato a un'inevitabile chiusura, quando i politici di sinistra (ma, purtroppo, anche alcuni di centrodestra, demagogicamente) strillavano contro il management di Fincantieri, quando l'allora sindaco Marta Vincenzi si diceva pronta a «sdraiarsi sui binari» per contrastare i piani aziendali e quando i sindacati, soprattutto una parte della Fiom, ma non solo, proponevano addirittura il blocco delle navi in uscita dal cantiere (che, come ognuno può facilmente intuire, è il miglior modo per far scappare le commesse e gli armatori interessati al lavoro di Fincantieri)?
Ecco, se vi ricordavate tutte queste cose, scordatevele. Perchè qui stiamo a raccontare tutta un'altra storia.
Una volta tanto, una storia positiva per Genova.
Di cui in moltissimi soggetti hanno parte dei meriti, di cui ancor più soggetti si sono presi tutti i meriti, ma di cui la stragrande maggioranza dei meriti è dell'azienda e del suo management, in particolare dell'amministratore delegato Giuseppe Bono. Che è un manager in qualche modo ruspante, che ha un carattere fumantino, che parte nelle vertenze a testa bassa, ma che è anche uno che porta a casa tantissimi risultati. Compresa la nave che arriverà a Genova nelle prossime settimane. Insomma, Bono, in questa storia, ha fatto davvero un ottimo lavoro. E, forse, non è un caso che a Genova sia stato criticato. È quasi un bollino di valore.
Insomma, scordatevi quei tempi non perchè la crisi sia finita o perchè ci siano centinaia di ordini per la navalmeccanica, con la coda fuori dagli uffici di chi costruisce navi. Tutt'altro. Anzi, se possibile, la crisi nel settore è sempre più dura.
Eppure. Eppure, venerdì scorso, Fincantieri ha firmato un accordo con il sindacati metalmeccanici confederali Fim, Fiom e Uilm e con le rappresentanze sindacali del cantiere un accordo basato tutto su una nuova organizzazione del lavoro «ispirata ad un approccio più flessibile della prestazione lavorativa» che fa seguito a un modello analogo già scelto da Fincantieri per Castellammare di Stabia, in cui Bono vede addirittura come «un fattore significativo per il recupero di competitività del comparto cantieristico che potrà rappresentare un modello per tutti gli altri stabilimenti del gruppo e per l'industria italiana in generale». Oibò.
So che le discussioni sindacali non sono propriamente l'argomento più eccitante esistente in natura. Ma, fidatevi. Stavolta è una bella storia. Perchè, in qualche modo, come ha notato anche un osservatore attento e non fazioso come Alberto Quarati sul Secolo XIX, è paragonabile all'accordo di Pomigliano d'Arco per la Fiat. Cioè che, quando c'è uno stabilimento a rischio, tutti fanno sacrifici pur di mantenere in vita lo stabilimento.
In pratica, succede che le ore di lavoro eccedenti quelle da contratto nei periodi di picco lavorativo non vengono pagate ai dipendenti come straordinari, ma conteggiate in una sorta di monte-ore da scalare quando invece il lavoro langue. In cambio, gli esuberi scendono da 330 a 210 lavoratori, ma si potrebbe scendere a 180. Insomma, ci guadagnano tutti.
E non è un caso che, il giorno dopo, il cardinale Angelo Bagnasco, parlando ai cappellani del lavoro al santuario della Madonna della Guardia abbia detto che «Tendendo all'ottimo si resta fermi». Discorso che, chiaramente, soprattutto tenendo conto del fatto che Bagnasco è presidente della Cei e che il momento politico attuale non lo lascia indifferente, si potrebbe tranquillamente allargare anche alla politica e alla mancanza di un governo. Tanto che il cardinale ha spiegato: «Si tratta di un criterio per il nostro vivere insieme, in famiglia, in fabbrica, sul luogo di lavoro». E ancora, di fronte alle sollecitazioni dei cronisti, don Angelo ha ribadito: «È un criterio generale».
Ma, vista la sede e il fatto che parlasse alla struttura storica dei sacerdoti impegnati nelle aziende, è facilmente estensibile al contratto di Fincantieri: «I problemi si possono affrontare in due modi: per discuterne o per risolverli. Questo non è banale, perchè se li affrontiamo per risolverli, con realismo, troviamo delle strade. Non saranno sempre le migliori in assoluto, ma saranno dei passi concreti. Tante cose a volte si inceppano anche nella nostra società perchè non accettando i limiti e tendendo all'ottimo si resta fermi».
Tendendo all'ottimo si resta fermi.

Tendendo al Bono escono accordi così.

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