Il palazzo con le pagine gialle al posto delle guide per turisti

Nelle sue intenzioni, sarebbe diventato il luogo di pace al rientro dai viaggi, oltre che la dimora prescelta per i suoi successori: la famiglia Doria Pamphilj. Benvenuti alla Villa del Principe, la villa dell'unico principe che la Superba abbia mai avuto - come si legge sul sito dell'edificio - e che nel 1529 diede inizio ai lavori che avrebbero portato alla costruzione di un meraviglioso palazzo affacciato sul Golfo di Genova. Qui Andrea Doria, ammiraglio e uomo d'armi leggendario, insieme alla sua sposa Peretta Usodimare diede vita ad una grande corte rinascimentale, con artisti, come Perino del Vaga che curò la decorazione e gli arredi di gran parte delle sale. E dove soggiornò anche l'imperatore Carlo V, lo stesso dal quale Doria riuscì ad ottenere l'indipendenza di Genova dall'Impero, divenendo di fatto il signore della città.
La visita inizia dalla parte più bella e suggestiva del palazzo gestito dalla Soprintendenza: il giardino sul mare. Tutto ruota intorno alla Fontana del Nettuno, commissionata da Giovanni Andrea I Doria a Taddeo Carlone. La statua del dio del mare alla guida di un cocchio a conchiglia tirato da tre cavalli marina e rivolta verso il palazzo, domina su un vasca a dodici lati decorata da aquile che stringono tra gli artigli serpi e mostri marini. Imponente, maestosa, suggestiva. Tutt'intorno, il giardino vero e proprio suddiviso in forme geometriche e ciascuno coltivato con piante diverse. C'è una legenda all'ingresso per ogni sezione, con la spiegazione delle specie presenti secondo gli accostamenti tipici del Cinquecento: piante da fiore insieme alle aromatiche. Al di là dei teloni che nascondono una parte ancora in ristrutturazione, si intravvedono dei pavoni. Tornando verso la villa, in una galleria ci sono delle statue, lasciate lì forse in attesa di un restauro.
Entriamo nel palazzo vero e proprio, soltanto dopo esserci lasciati alle spalle un atrio ampio e affrescato. Saliamo uno scalone e ad attenderci alla biglietteria c'è una signorina che ci fornisce un libro per guidarci nella visita con i punti più importanti già segnati da uno scotch azzurro e rosso. Il volume va restituito al termine del tour, ovviamente. Di visitatori, nemmeno a dirlo, oltre a noi, non ce ne sono. Ma se ci fosse stata la coda fuori, avrebbero dato una guida per ciascuno?
Iniziamo il giro della dimora del Principe e la prima sala è una stanza immensa con degli arazzi, un secondo salone e un terzo con un ritratto di Francesco Sforza. Nella quarta stanza, nel camino spuntano dei tubi di gomma di collegamenti recenti evidentemente che ben poco c'entrano con il mobilio e lo stile tutt'intorno. Così come sembrano stonare anche i libri e le Pagine Gialle, oltre al Tuttocittà che qualcuno ha distrattamente «dimenticato» in una libreria nella sala successiva. Il tutto in mezzo a sedie d'epoca, quadri e scrittoi. Le persiane alle finestre sono tutte chiuse, per evitare che la luce del sole filtri e magari sbiadisca e rovini i pezzi conservati. Ma l'effetto è comunque di ambienti bui e poco illuminati. Lo stesso vale anche per la parte della Pinacoteca, l'ala destra del palazzo guardando il mare, dove ci sono tele vuote e senza targhette, immerse nel buio. Alle pareti delle stanze, dei grandi tendoni a strisce colorate a far da tappezzeria, diversa a seconda degli ambienti, che pare però un po' posticcia in alcuni punti.
Passiamo in successione le altre stanze fino alla Galleria Aurea, il cuore della vita cerimoniale della dimora, fatta costruire da Giovanni Andrea I Doria e dalla quale si vede di nuovo il giardino sul mare. Che resta la parte più bella del Palazzo del Principe. Il viaggio nei musei di Genova continua e torniamo ancora nel centro storico della Superba, nella Gallaeria Nazionale di Palazzo Spinola, in piazza Pellicceria che conserva ancora il suo apsetto di dimora nobiliare di '600/700. Con gli arredi che i diversi proprietari, prima i Grimaldi, poi i Pallavicino, i Doria e infine gli Spinola vi hanno lasciato. Mobili, tendaggi, porcellane, argenti e una collezione di quadri. Furono i marchesi Paolo e Franco Spinola nel 1958 a donarlo allo Stato e da allora, tra momenti di grande vitalità e drammatici tagli ai finanziamenti, il palazzo resta una tappa importante per chi viene a Genova. Ma anche qui, i visitatori non ci sono. L'edificio è molto grande e dopo una carrellata di salotti e saloni tra il primo e il secono piano, al terzo si entra nella vecchia cucina del palazzo. Bella, ben tenuta, curata. Con gli utensili, il tavolo di marmo, i fuochi, le pentole esposte e i libri di ricette. Al terzo piano si passa ai dipinti, con quadri di Guido Reni, Luca Cambiaso e tele di artisti europei come Van Dyck e Rubens. Al quarto piano Tintoretto e Preti. Finiamo la visita, con la promessa di tornare a vedere la prossima collezione di argenti che esporanno a breve, dal 4 dicembre.

Così come ci spiega una dipendente all'uscita. «Prima la Galleria era un punto di riferimento, pieno di gente e di iniziative. Ora con questi chiari di luna, cerchiamo di fare quel che si può». Che a vederlo con gli occhi di un visitatore, è tanto e ben fatto.

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