Da Paternostro a Paglieri, Genova capitale dei gialli

Da Paternostro a Paglieri, Genova capitale dei gialli

(...) Lina Volonghi. Facce e vestiti di quelle facce e di quei vestiti che è possibile incontrare ancor oggi in tante strade di Genova. L'avvertenza è la solita: di fronte a un giallo, a un signor giallo, non sto a raccontarvi la trama, nemmeno a spizzichi e a bocconi. Se volessi male a Mario, anima storica di Primocanale, direi che il libro è un capolavoro e che «la sua parte migliore è quella in cui si svela che l'assassino è...». Ma, visto che gli voglio bene, vi dico solo che vale davvero la pena di leggere Le povere signore Gallardo e di farne uno dei propri beni culturali per l'estate. Così come vale la pena di adottare il commissario Falsopepe fra i propri modelli di riferimento.
Ma Parternostro e il suo bellissimo libro sono solo la punta di un iceberg, che ha fatto di Genova la capitale dei gialli e dei giallisti: dalla serie arancione dei fratelli Frilli, con Antonio Caron su tutti, fino proprio a Paternostro. Passando per il sublime Claudio Paglieri, di cui abbiamo raccontato nei giorni scorsi, e per Matteo Codignola.
A questo punto, siamo al giallo nel giallo. Che c'entra Codignola, quarantenne genovese, editor di Adelphi, che dell'essere «editor di Adelphi» è quasi una definizione vivente, perfetto per quei tipi di autori? C'entra, c'entra moltissimo. Perchè, con il tocco adelphiano che trasforma tutto in chic, anche ciò che sembrava pop - Zia Mame insegna - Codignola sta proponendo l'opera omnia di Ian Fleming, con una nuova, bellissima, veste grafica ed editoriale, accompagnando i romanzi con corposi saggi dedicati all'autore. Così, l'editor genovese è, di fatto, diventano un nuovo papà di 007 e la lettura dei primi due titoli ripubblicati, Casino Royale e Vivi e lascia morire è davvero una bella sorpresa adelphiana.
Insomma, che siano le note di fine libro di Paternostro, quasi un'enciclopedia della genovesità in pillole, l'ulteriore valore aggiunto di un libro davvero riuscito, o che siano i saggi «codignoliani» della nuova edizione di 007, il tocco magico dei gialli e delle avventure in salsa genovese è proprio il contesto, che arricchisce ulteriormente il testo. E questo avviene ancor più nel libro di Claudio Paglieri.
Perchè L'enigma di Leonardo, oltre ad essere un altro modo di innamorarsi del commissario Luciani e soprattutto di Fiammetta (per la scelta di chi la interpreterà nella fiction che non può non nascere da questo bellissimo libro edito da Piemme, mi candido direttamente per il casting), è anche un capolavoro nella sua genesi, raccontata da Paglieri nelle ultimissime pagine del libro: «Un lettore, colpito dalla trama della Cacciatrice di teste in cui si immaginava il ritrovamento di una statua di Lisippo, mi contattò perchè voleva raccontarmi una “storia ancor più clamorosa“: a Genova, la mia città, esisteva un disegno il cui autore era addirittura Leonardo Da Vinci. E non era un disegno qualsiasi, ma un autoritratto giovanile con tanto di firma del maestro». E qui viene il bello: «Il mondo è pieno di persone convinte di avere ritrovato un tesoro in cantina o al mercato delle pulci, perciò ascoltai il racconto con molto scetticismo. Mi feci lasciare tutta la documentazione e promisi di leggerla con calma. Per qualche tempo lasciai il dossier sulla mia scrivania, e chi ha avuto la sfortuna di vederla può immaginare il seguito: il disordine totale, e il passare del tempo, lasciarono che su quei fogli se ne depositassero altri, seppellendoli sempre più in profondità».


Poi, il racconto prosegue invece col ritrovamento dell'appunto e con la nascita del romanzo. Che è davvero bello, scritto col cuore. Così come può essere bello solo ciò che nasce dal cuore e dall'ascolto dei lettori. Claudio Paglieri è uno di quella razza lì.

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