Il Pd cala il quarto asso per prendersi il Porto

Ormai quasi impossibile rispettare la scadenza del 5 febbraio, Mazzarello è il jolly che risolve tutto

Il Pd cala il quarto asso per prendersi il Porto

Ora è tutta una questione di faccia. Di chi ce la rimette di più. Con quella faccia un po’ così, da chi non vedrà Genova, potrebbe essere Paolo Costa a togliere le castagne dal fuoco della sinistra, talmente desiderosa di mangiarsi anche quelle, da scottarsi la lingua per troppa fretta sull’Autorità portuale. Il beau geste si è sussurrato (e tanto) in banchina e sul pendolino Genova-Roma. L’euronorevole che si ritira, per non farsi «ritirare» a seguito di una bocciatura degli addetti ai lavori che più forte di così non si potrebbe. Marta Vincenzi, sua grande sponsor, che si tiene la figuraccia limitata al mondo degli stessi addetti ai lavori (e pazienza se tra porto e politica l’eco della sconfitta verrebbe rimbalzata si e no dai confini dell’Europa e forse forse della Cina). Il Pd che avrebbe la scusa per tenersi la poltrona dell’Authority facendo vedere di accettare correzioni e suggerimenti, offrendo addirittura a Minimarta gli onori delle armi e la possibilità di scegliere almeno la seconda scelta. Tutto un film, ma col copione già pronto e studiato a memoria dagli attori protagonisti, che avrebbe un titolo secco: Graziano Mazzarello. Il senatore, che dei trasporti e della logistica si è ritagliato il ruolo di massimo esperto della sinistra ligure, ha dalla sua di essere grande amico (in America si direbbe anche grande elettore) della Vincenzi. Ha dalla sua di avere obiettivamente un curriculum più presentabile di quello di Luigi Merlo e Mario Margini, in tema di porto s’intende. Può vantare anche il gradimento degli operatori, oltre che una forte amicizia e disponibilità alla collaborazione con Mauro Vianello, presidente di Ente Bacini, e con Maurizio Bussolo, consiglier delegato Finporto.
Si può fare, dunque? Sì, tecnicamente. Anche perché la scusa sarebbe quella che senza Costa verrebbe meno la «terna» voluta dalla legge, soprattutto verrebbe meno il «campione» espresso dal Comune di Genova, e quindi si potrebbe ricreare con un supplente in corsa. Precedenti a fare giurisprudenza non ce ne sono, mai si era arrivati a rischi di figuracce simili, quindi la sinistra può costruirsi il precedente. Tutto ok, se non fosse che Costa scalpita e da vero attore protagonista fa i capricci. Non ci sta. E a questo punto il ministro Paolo Bianchi sarebbe costretto a rispedire tutti e tre i nomi al mittente. Il difficile sarebbe trovare la scusa, visto che il presidente della Regione Claudio Burlando e persino i dirigenti del ministero hanno già spergiurato che Merlo, Costa e Margini sono tutti validissimi e abilitatissimi al ruolo.
Chissà che a questo punto il tempo non giochi a favore della sinistra. Ormai il 5 febbraio, data ultima imposta dalla legge per avere il nuovo presidente del porto, appena la si cita ha l’effetto del migliore sketch di Gino Bramieri. Dopo la scelta di Bianchi, già assai lontano dall’orizzonte, ci vorrebbero ancora il sì di Burlando, quello del ministro Antonio Di Pietro, e i delicatissimi passaggi alle commissioni competenti in Camera e Senato. Per inciso, la prima commissione trasporti dopo le vacanze, a Montecitorio non è stata neppure ancora convocata nella settimana che arriva al 13 gennaio, mentre quella al Senato ha altri punti all’ordine del giorno.

La proroga di Giovanni Novi sembra quasi scontata, ma si avvicina anche il commissariamento (dopo 45 giorni di proroga), checché ne dicano tutti i diretti interessati. Ma ormai è certo che qualcuno dovrà fare una faccia un po’ così prima di andare (in porto) a Genova.

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