Cronache

Quando al museo s'impara la storia del mondo naturale

Se avete voglia di perdervi nella storia dell'evoluzione delle specie animali e vegetali e fare un viaggio alla scoperta del mondo naturale, questo è il vostro posto. Ne uscirete ebbri di nozioni, di visioni e di meraviglia. Quasi come essere catapultati sul set di «Una notte al Museo». Benvenuti al Museo di Storia Naturale Giacomo Doria di Genova. È da qui che riparte la nostra inchiesta sugli istituti di cultura cittadini. Siamo alla settimana puntata e dopo la pausa natalizia, l'anno ricomincia con un segno più, di bellezza.
Prima di iniziare la visita però, un po' di storia. Fu il marchese Giacomo Doria, iniziato allo studio delle scienze naturali da padre Armand David, futuro esploratore della Cina e del Tibet e da Luigi De Negri, esperto tassitermista, a proporre al consiglio comunale della Superba l'istituzione di un museo civico di storia naturale. Ed ecco che il 24 aprile 1867, l'assemblea approva all'unanimità la proposta del nobiluomo che diventa così il fondatore e il direttore per oltre quartant'anni del nuovo istituto. La prima sede fu Villetta di Negro, palazzina al centro della cità e già conosciuta ai genovesi come luogo di incontri tra letterati e poeti. Il Comune acquistò la palazzina e l'affidò a Giacomo Doria con il compito di mettervi le sue raccolte e presentarle al pubblico. All'inizio gli spazi vennero riempiti con gli esemplari trovati durante i viaggi di Doria in Persia e nel Borneo. Poi, con il passare del tempo, la collezione s'ingradì a tal punto che le sale di Villetta Di Negro non bastarono più. Così si decise di spostare il tutto in un luogo più grande, e venne costruito la struttura attuale.
Quindi, l'ingresso al museo. Dopo aver superato l'atrio con le nicchie di rettili e uccelli esotici, si entra nella prima sala dedicata ai primati. Nelle vetrine ci sono gli esemplari di diverse specie di scimmia: macachi, oranghi, scimpanzè, scimmie e proscimmie. Con i versi degli animali che riempiono la stanza come a ricreare il loro habitat naturale. Si prosegue, e nel grande salone della paleontologia dove le bacheche sono dedicate ai vari processi di fossilizzazione, lo sguardo si perde sullo scheletro mastodontico di un elefante antico. L'esemplare venne rinvenuto nel 1941 in un giacimento di farina fossile in provincia di Viterbo. È probabile - come si legge nel sito del Museo - che l'animale sia sceso nel lago per bagnarsi e sia rimasto impantanato nella melma senza più riuscire ad uscirne. Dopo la morte, il corpo venne sepolto dal sedimento lacustre, il deposito divenne roccia e permise la fossilizzazione dell'animale.
La visita prosegue e siamo nella sala dei chirotteri, volgarmente conosciuti come pipistrelli. Gli unici mammiferi capaci di volare. Ce ne sono di tutti i tipi, non lasciatevi intimidire e avvicinatevi alle bacheche anche se i pipistrelli non fanno parte dei vostri animali preferiti, perché vederli così da vicino non capita certo tutti i giorni. Così come non capita tutti giorni nemmeno di poter osservare la bellezza e l'eleganza di ghepardi, leoni, giaguari, pantere, tigri, leopardi e linci nella sala dei carnivori.
Andiamo avanti e la stanza successiva del nostro viaggio alla scoperta delle specie animali, è quella dei roditori, logomorfi, iracoidei, proboscidati, sirenidi in termini tecnici. In termini comuni, vuol dire che nelle bachece potete ammirare un elefante marino, foche, castori, scoiattoli, lepri e istrici. Passiamo in mezzo a vetrine con esemplari di cetacei, capodogli, delfini. Superiamo anche quella degli ungulati con cinghiali, gazzelle e caprioli perché appena superata questa sala, c'è una sorpresa che attende i visitatori. Alziamo lo sguardo e con stupore iniziamo a far scorre gli occhi velocemente lungo la colonna vertebrale di una balenottera comune arenata sulla spiaggia di Monterosso il 1° ottobre 1878. Sono 19 metri e mezzo di scheletro che si allungano lungo tutto il corridoio della stanza numero 7, perfettamente conservati.Spettacolare. Ma non finisce qui, perché la visita dopo la balenottora, comprende la sala della savana afriacana con rispettivi esemplari: giraffe, ippopotami, zebre. Quella degli ariodattili e marsupiali con rinoceronti e canguri. Poi si sale al primo piano, dove ci sono i mammiferi della Liguria, gli uccelli della Liguria, rettili, testuggini, la sala degli anfibi e quella degli insetti. Inciso: in questo tour per il quale ci vogliono almeno un paio d'ore, di visitatori non ne abbiamo incrociato uno. Peccato. Peccato come la cornice, intesa come gli ambienti del museo, che andrebbero sicuramente rinfrescati: rimbiancate le pareti, cambiate e lavate le tende, sistemati gli infissi delle finestre e eliminate quelle (brutte, bruttissime) poltrone in pelle rotte e rattoppate con il nastro da pacchi.

Allora sì che anche il contenitore sarebbe davvero all'altezza del contenuto.
(7 - continua)

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