Quezzi dice addio all’ex casetta del Dazio: se ne va un pezzo di storia della Valbisagno

Quezzi dice addio all’ex casetta del Dazio: se ne va un pezzo di storia della Valbisagno

Addio «casetta del dazio». In via Fereggiano cade l’ultimo simbolo della vecchia Quezzi. Il quartiere sulle alture di Marassi, un tempo fuori dalle mura della grande Genova, e libero quindi dalle tasse cittadine.
È stata demolita la «casetta rossa» costruita sul rio Fereggiano prima della seconda guerra mondiale, per ospitare gli esattori che incassavano i dazi sulle merci. L’abbattimento dell’edificio, che, secondo i tecnici comunali invadeva l’alveo del torrente, è stato deciso da Tursi perché la sua presenza ostacolava il deflusso dell’acqua nel torrente.
Un pezzo storico che gli anziani del quartiere riconoscevano come l’inizio, la vera e propria porta di quello che un tempo era un luogo di villeggiatura per la nobiltà della Superba. In molti erano lì a fotografare e filmare questo momento storico. Come quando avevano «imploso» l’edificio della conceria Bocciardo, lungo il Bisagno. Uno dopo l’altro sono caduti i pezzi storici di un rione che ha dato i natali alla mamma di Cristoforo Colombo, che ha visto recitare nel suo teatro dell’Olmo (anch’esso caduto sotto i colpi delle ruspe) il mitico Gilberto Govi e cantare il tenore Emilio Fossati. Se n’è andata la chiesetta vicino all’Olmo che in un primo momento è stata trasformata in un fienile e poi anch’essa è stata abbattuta. E via via il piccone ha dato duro anche sui famosi trogoli che ha visto le bugaixe per anni lavare prima i panni nel Fereggiano e poi nei trogoli di via Fontanarossa. Roba che proveniva dalle navi ormeggiate nel porto di Genova, arrivava sporca fin quassù, lavata e asciugata sui prati che un tempo erano al posto delle attuali colate di cemento.
Una dopo l’altra sono cadute le casette nell’alveo del torrente Fereggiano, un tempo amico degli abitanti perché forniva loro acqua per le loro case e per i loro orti. Oggi invece una forza distruttiva.
«Ma non per colpa sua - dicono i vecchi quezzini - hanno deciso di cementare il suo greto e con la forza con cui arriva dall’alto, raccogliendo anche le acque dei fontanili e delle “vivagne” che incontra lungo il suo cammino, non riesce a trovare più l’ostacolo di un greto fatto di ciottoli e detriti». «Quindi - continuano - senza questa opposizione accumula forza e arriva in valle distruggendo tutto quello che trova». E quindi, anche la casetta del dazio che sembrava essere sospesa proprio sopra le acque, a volte inesistenti e a volte impetuose, del torrente quezzino, è stata lì senza dare fastidio per più di due secoli. Un unico vano che a volte recava il cartello di «Vendesi» e a volte quello di «Affittasi». Ma mai nessuno se ne è voluto prendere carico. Con l’ultima alluvione il pezzo di muretto a cui era appoggiata è stato completamente divelto dalla forza del Fereggiano e lei, piccolina, è rimasta solo attaccata per un lato. Ma ha continuato a resistere da novembre ad oggi senza presentare una crepa nelle sue mura. Intatto il tetto e le finestre. Da sempre sentinella accanto al semaforo di fronte a via Pastonchi, era la prima cosa che vedevi quando salivi a Quezzi e l’ultima che salutavi alla mattina quando scendevi per andare in centro.
È sempre stata lì. Sola e ferma, vuota. Ha visto scivolare la frana proveniente dal terreno delle Brignoline.


La demolizione del fabbricato e l’intervento di risanamento del fronte, sono secondo i tecnici necessari e propedeutici alla prosecuzione dei lavori per la messa in sicurezza del torrente del capoluogo ligure. Secondo i quezzini un altro pezzo importante del quartiere che se ne va.

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