di Ferruccio Repetti
Del gigante e del bambino: la storia del leggendario, enorme transatlantico Rex, il più grande fin'allora costruito in Italia, e l'altra storia, che s'intreccia, quella del bambino di 4 anni appena, che dal balcone di casa, a Capodistria, vede il gigante ferito dai bombardamenti dal cielo, poi colpito a morte, infine reclinato su un fianco. Un gigante ormai devastato, inesorabilmente annientato, al punto che nessuno l'avrebbe mai più potuto scambiare per quel che era e rappresentava, solo una decina d'anni prima: il meraviglioso prodigio della tecnologia e del «sapere» italiano, vincitore del Nastro Azzurro, record assoluto di velocità, agosto 1933...
A rievocare con lucidità (e pudore, e commozione) quei giorni fatali - fatali per il Rex, ma anche per il bambino di allora, profugo istriano - è Redento Manzato, venuto apposta da Pordenone, dove vive e lavora, a Genova, Palazzo San Giorgio, per l'inaugurazione della mostra «Il transatlantico Rex - Il mito e la memoria» fortissimamente voluta dal presidente dell'Autorità portuale Luigi Merlo e curata dall'architetto Paolo Piccione. È lui, Manzato, che aveva solo 4 anni, che guardava dal balcone, l'8 settembre del 1944, quando la «grande nave» da crociera fu avvistata dai ricognitori della Royal Air Force e subito bombardata con 123 razzi. Il Rex bruciò per quattro giorni prima di affondare, ma fin dalla prima cascata di bombe s'era capito che il suo destino era segnato. «Ai miei occhi - ricorda Manzato, che pochi giorni dopo sarebbe sfuggito avventurosamente alle foibe titine - quei lampi, quei botti mi sembrarono fuochi artificiali. Poi anch'io, e i miei fratelli più grandi di me, capimmo quel che era successo davvero». Intanto Manzato si fa accompagnare da Piccione e Merlo ad ammirare i reperti e le documentazioni che «costruiscono» la mostra (da oggi aperta al pubblico, ingresso libero). Non c'è tanto, di originale, nell'esposizione: la scritta che figurava a poppa della nave, la campana (che è normalmente ospitata al Galata Museo del Mare), il trofeo, «Blue Ribbon», e poco altro. E il perché è comprensibile. Lo spiega ancora Manzato: «Ci siamo andati a nuoto, qualche volta, a vedere il relitto del Rex. Era davanti a Semedella, tra Isola e Capodistria. Ma, già allora, non c'era quasi più niente a bordo: prima i tedeschi l'avevano razziato, poi altri sconosciuti hanno preso il resto dopo i bombardamenti. Sono riuscito - aggiunge il testimone diretto - ad avere un orologio Eberhard in dotazione agli ufficiali di bordo, ma soltanto dopo molti anni. Comprandolo».
Il presidente Merlo se lo tiene accanto, il «testimone oculare», con la consapevolezza di vivere in qualche modo una leggenda vera, sospesa a metà fra i trionfi del record nell'Atlantico e l'immaginifico omaggio postumo dell'Amarcord di Fellini, «anche se il maestro ha ambientato la scenografia nell'Adriatico dove il Rex non aveva mai navigato». Eppure Merlo, presentando la mostra, parla del passato, ma soprattutto del futuro: «L'iniziativa, condivisa da tanti sostenitori, da Banca Carige a Costa Crociere, dai gruppi Messina e Spinelli alla birra Nastro Azzurro, vuole sottolineare la dignità e l'orgoglio dell'economia del mare, di cui oggi c'è più che mai bisogno nella prospettiva di ripresa e sviluppo dell'Italia». Tanto più opportuno, dunque, che l'invito parta da Genova, come «segnale forte all'intero Paese, e in particolare al mondo della politica da parte di un settore trainante come quello della portualità e dello shipping». In questo senso, il Rex e la stessa mostra in occasione dell'80° anniversario della conquista del Nastro Azzurro, rappresentano «simboli attuali. Il Rex è un prodotto interamente genovese. Il porto per poterlo costruire si trasformò profondamente. Al momento della costruzione della bellissima nave, proprio per le sue dimensioni - rammenta il presidente dell'Authority genovese -, si dovettero modificare i cantieri di Sestri, i bacini di carenaggio, i ponti, e la stessa tecnologia subì una svolta. Oggi ci muoviamo in analogia, con i dragaggi, l'avanzamento della diga, il nuovo bacino, per affrontare il gigantismo navale e vincere la sfida dei trasporti marittimi e dell'economia del mare».
Che i politici italiani «storicamente» non ci sentano granché, da questo orecchio, è purtroppo cosa nota. Che un Paese con oltre 8mila chilometri di coste, e soprattutto al crocevia delle grandi rotte marittime mondiali, non pensi a dotarsi di un Ministero del Mare, è a dir poco sconfortante.
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