Il vento della burocrazia frena la pala eolica di Isola del Cantone

Là dove le leggi della fisica e della meccanica filano lisce che è un piacere, ecco arrivarne un'altra, di legge, così farraginosa da farti perdere la pazienza. E' la legge italiana (e chi, sennò) che, con il suo possente corpus di norme e regolamenti, ha rischiato di mettersi di traverso tra un ingegnere genovese, Renato Baghino, e il suo sogno di installare per primo in Italia un impianto eolico a rotazione verticale.
Come dire il futuro: la pala verticale, a differenza dei «mulinoni» a vento montati su diverse colline italiane (ad esempio la torre di Mele installata proprio in questi giorni), ha un impatto visivo non peggiore di quello di un ripetitore per telefoni, non ha bisogno di essere orientata e, quanto a rumorosità, perde tranquillamente il confronto con il frinire delle cicale.
Da qualche mese il rotore di nuova generazione è una realtà, e fa mostra di sé nella zona industriale di Mereta, frazione di Isola del Cantone, davanti al magazzino della Teknitron, l'azienda di Baghino.
Metterlo in funzione è stato però una mezza odissea, come racconta lo stesso ingegnere: «In 36 anni di attività, dopo aver fornito impianti di conversione energetica e gruppi di continuità a clienti di mezzo mondo, tra cui il governo di Hong Kong, mettere su la pala è stata l'impresa più complicata. Siccome la normativa - rievoca il tecnico - non fa distinzioni tra piccoli impianti e grandi parchi eolici, abbiamo dovuto compilare una specifica tecnica di 278 pagine. Poi è stato il momento della realizzazione: allora è stato necessario nominare cinque direttori dei lavori».
Nell'ordine: il geologo per la stabilità della fondazione, lo strutturista per il palo, il tecnico che redige la relazione per la Dia, il direttore dei lavori per la gettata di cemento armato e il collaudatore per la struttura.
In compenso, dalla pubblica amministrazione è stato arrivato un contributo economico: dei 150mila euro totali, circa un terzo sarà coperto dalla Regione Liguria, per un progetto pilota che si spera possa aprire una nuova strada per l'energia pulita nell'entroterra.
Di eolico verticale, infatti, in Italia si parla almeno dal 2008, quando l'argomento ha preso piede nei dibattiti e nei forum specializzati. Mentre la maggior parte degli operatori del settore soppesava i pro e i contro, quelli di Teknitron sono andati a cercarsi la pala in Svizzera, per primi le hanno fatto varcare la frontiera e l'hanno messa in funzione.
L'energia prodotta da «Ventuela 10», così è stata battezzata la pala di Mereta, viene interamente venduta a Enel. La potenza è ancora quella da progetto pilota: «L'impianto, coi suoi 10 kilowatt, potrebbe alimentare tre utenze familiari, ma l'obiettivo è quello di partire da qui per espanderci.
Intanto, grazie un impianto a pannelli solari da 16 kilowatt e ad alcuni gruppi di batterie il capannone funziona in assoluta autonomia», spiega Baghino che, per monitorare minuto per minuto la situazione del vento, ha installato una stazione meteo con una plancia di comando all'avanguardia: «Se ci fosse qualche ente locale interessato - propone - si potrebbero mettere in rete diverse stazioni in varie località della Valle Scrivia e avere un costante controllo delle condizioni atmosferiche della vallata». Un'idea «collaterale», perché il pensiero di Teknitron è rivolto prima di tutto all'energia rinnovabile.
Allo studio ci sono un'altra turbina verticale, più piccola ma con un sistema di appoggio magnetico, mutuato dai treni superveloci giapponesi, per eliminare l'attrito e aumentare il rendimento, e - visti i piccoli salti d'acqua del torrente Scrivia che scorre a pochi metri di distanza - una o più turbine idroelettriche.

«Con questi piccoli dispositivi eolici, solari e idroelettrici - teorizza il titolare dell'azienda - si potrebbe arrivare a rifornire completamente la frazione di Mereta». Intanto, dicono da quelle parti, Baghino è riuscito a compiere un mezzo miracolo: rendere simpatico un vento forte come quello che tradizionalmente tormenta gli abitanti della Vallescrivia.

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