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Gentilini Da 118 anni la colazione dei romani

Da 118 anni sono la parte più dolce della capitale. Dire Gentilini vuol dire oswego, novellini, fette biscottate (un tempo biscotti della salute, prima che questa parola diventasse off-limits). E ancora brazil, vittorio, tripolini, margherite, marie, panettoni e colombe. Ma vuol dire soprattutto Roma: città che, pur in epoca di delocalizzazioni, la famiglia Gentilini non vuole abbandonare. Così nello stabilimento in via Tiburtina, poco oltre il raccordo, si sfornano ancora secondo procedimenti industriali ma con ricette segrete che sono ancora quelle di casa, i biscotti e i pasticcini che a Roma e dintorni vogliono dire prima colazione. La Gentilini è infatti ancora poco nota nel resto d’Italia; la tentazione di fare il salto di qualità c’è, ma vorrebbe dire snaturare il dna dell’industria. Forse, addirittura, lasciare Roma. Cosa che Paolo Gentilini, l’attuale titolare, nipote di quel Pietro che la fondò nel 1890, non sembra ansioso di fare.
La Gentilini sfornò i primi biscotti in uno stabilimento artigianale di via Alessandria, in quella parte di Roma che, appena fuori Porta Pia, oggi è praticamente centro ma all’epoca era un piccolo distretto industriale. All’inizio riforniva pochi selezionati forni romani, ma anche i Savoia e il Vaticano. Poi pian piano la crescita e, nel dopoguerra, assieme con l’arricchirsi della colazione dei romani, il boom. I Gentilini si trasferiscono nel 1957 in via Affile e quindi in via Tiburtina 1302. Cambia la location, non gli ingredienti: zucchero, latte, farina, miele, burro. Tutto di prima qualità, rifuggendo tanto dalle tentazioni di affrontare la guerra dei prezzi, quanto dalle mode «light».
Il bello della Gentilini, che abbiamo visitato con Apertamente, la settimana della scoperta dell’industria alimentare italiana organizzata da Federalimentare, è che è esattamente come te la aspetti. Una fabbrica linda e che profuma di miele e burro, dove lavorano operai e impiegati sorridenti come se un po’ di dolce restasse sulle loro mani, dove gli oswego modellati da stampini a rullo entrano nel forno lungo 60 metri come soldatini morbidi e ne escono come soldatini croccanti. E quelli rotti, quelli un po’ bruciati, vengono scartati in contenitori che viene la voglia di portarsi via.

A rendere più piacevole la visita, anche un piccolo ma affascinante museo che raccoglie le scatole di latta storiche, quelle che hanno contribuito al successo della Gentilini, e poi stampi per biscotti, che negli anni hanno subito solo pochi ritocchi, gadget ante litteram, manifesti pubblicitari. Lunga vita ai Gentilini e alle nostre colazioni romane.

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