Economia

Ma Gentiloni non molla: «Riforma tv, si va avanti»

Il presidente del Biscione replica: «Problemi di occupazione se il progetto andrà in porto»

da Milano

Se qualcuno si aspettava segnali di disgelo, è rimasto deluso. Fedele Confalonieri e Paolo Gentiloni, il presidente di Mediaset e l’autore del disegno di legge che terrorizza il secondo polo tv italiano, si sono trovati fianco a fianco a discutere del futuro della televisione. «Andiamo avanti, lo abbiamo promesso agli elettori» la dichiarazione di guerra del ministro delle Comunicazioni. «Attenzione a dare le martellate in testa alle aziende» la replica di Confalonieri. Lo scenario che si prefigura non è certo incoraggiante: «Se andasse in porto la decurtazione di un terzo, ci sarebbero problemi di occupazione. E non è una minaccia. Non siamo magliari, abbiamo presentato i conti con chiarezza. Spero che in Parlamento prevalga il buon senso». È lo stesso Carlo Rognoni, il diessino consigliere Rai, a fare previsioni fosche per il Biscione: «Oggi la Rai ha il 37 per cento del mercato, Mediaset il 34 e Sky il 29. Nel giro di pochi anni i dati si rovesceranno».
Così il dibattito che chiudeva il convegno «La tv e l’arte della morra cinese» (ospitato al Pirellone, sede della Regione Lombardia) si è presto trasformato in un braccio di ferro. Gentiloni ha ribadito che intende andare avanti nel suo progetto, anche se la riforma del sistema radiotelevisivo, proprio come i tanto contestati Dico, non rientra nei dodici punti del programma che Romano Prodi ha fatto sottoscrivere alla sua maggioranza prima della fiducia: «Sulla riforma tv c’è intesa, non è un punto controverso e i calendari parlamentari confermeranno le mie valutazioni, fermo restando che il Parlamento può integrare il testo come meglio crede».
Molto preoccupato Confalonieri. «Se il digitale diventa una Caienna, un gulag o la Siberia in cui noi e Rai due dobbiamo migrare, allora dico no» è saltato su il presidente di Mediaset, allarmato dal fatto che non esistano tempi certi per il passaggio dall’analogico al digitale e che il trasferimento di Retequattro, in un contesto simile, si riveli troppo penalizzante. «La Gentiloni dimentica le aziende, la loro storia e il loro valore. Non si può pensare di azzerare tutto e ripartire ex novo come se la realtà non esistesse». Il presidente Mediaset contesta anche la tesi del ministro che parla di scarso pluralismo sul mercato televisivo italiano e invita a «aprire il mercato» a altre aziende: «Che mercato soffocato e asfittico è? Ci siamo noi, la Rai, Sky e Telecom media che si sta facendo largo.

Anche in Gran Bretagna ci sono tre player e in Francia ancora meno».

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