«Ho visto scorrere le generazioni e passare il testimone. Mi sarà consentita una simpatia per la generazione più vicina a me», dice il presidente Giorgio Napolitano, la voce rotta da un pianto che non erompe, mentre al Quirinale presiede alle candidature dei premi David di Donatello. Faccette sconfortate, in prima fila, delle «dive» Claudia Gerini (in bianco), Cristiana Capotondi (in nero), Micaela Ramazzotti (in grigio). Fuori dal Palazzo il sole picchia forte e le Mercedes blu che, sul piazzale, attendono le star di casa nostra, cercano il fresco sotto alle statue dei Dioscuri. Lora è difficile, del resto, e non solo perché la crisi del cinema italiano 2012 segna un calo del 12% nei primi quattro mesi dellanno, con incassi più magri (109 milioni di euro nel 2010, divenuti 101 nel 2011).
Gli anni volano, ma si trascinano i giorni duna gerontocrazia che, a parole, auspica la messa in luce dei giovani, ma nei fatti prolunga lesercizio della propria potestà senior. Così lultranovantenne Gianluigi Rondi, anche autore dello stallo esiziale del Festival di Roma, ieri, da patròn dun premio sempre meno significativo, che riesce a nominare in ogni sua categoria il discutibile film Romanzo di una strage (anche i meglio trucchi&parrucchi), ha chiamato «Leopardo» un signor Leonardo, «Del Bosco» il manager Rai Del Brocco, non mandando a morire Cesare, che invece doveva, con i fratelli Taviani (160 anni in due) a irrigidirsi sulle sedie perché Cesare deve morire è il titolo del loro film, tra i migliori secondo il David, sebbene labbiano visto in pochi.
Nel sottolineare «la mancanza di attenzione della politica verso il cinema», Napolitano ha riconosciuto: «Per lungo tempo ci sono stato anchio, nella politica ed è onesto chio mi prenda la mia quota della critica rivolta alla politica». Anche se il Presidente, la cui figlia Silvia è sceneggiatrice cinematografica e televisiva, ha sottolineato come «un tempo, al cinema, non mi sentivo così solo». Una laudatio temporis acti che tarpa le ali.
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