Gheddafi gioca la carta della tregua Ma l’Occidente gli dà l’ultimatum

RomaSe sia la verità o soltanto un bluff lo diranno le prossime ore. Muhammar Gheddafi sarà «giudicato dai fatti e non dalle parole», scandisce il primo ministro britannico David Cameron. E se non arriveranno fatti, scatterà «l’azione militare», conferma il presidente americano Barack Obama. Non ci saranno invasioni di terra, ma nei cieli della Libia. I cacciabombardieri sono pronti. Basta «con l’immobilismo», proclama Nicolas Sarkozy. Washington, Londra e Parigi lanciano l’ultimatum congiunto.
Per ora da Tripoli sono solo parole: nella tarda mattinata di ieri è arrivato l’annuncio della tregua, di un Gheddafi obbediente alla risoluzione numero 1973 del consiglio di sicurezza dell’Onu che nella notte di giovedì ha sancito il controllo dello spazio aereo libico con l’istituzione di una no fly zone, e tutte le eventuali «misure per proteggere la popolazione civile».
Il fuoco è cessato, si annuncia dunque dal quartier generale del Colonnello. La Libia è nell’Onu e rispetta le decisioni delle Nazioni Unite, fa sapere il ministro degli Esteri libico Moussa Koussa. Ma i ribelli smentiscono, l’opposizione al regime informa: a Misurata «i cecchini di Gheddafi ci sparano addosso». Una forte esplosione, seguita da tiri di contraerea, viene sentita da testimoni a Bengasi. Le ombre su quell’annuncio si sollevano immediatamente. Il regime chiede ufficialmente a Malta, Turchia e Cina di inviare degli osservatori per supervisionare il cessate il fuoco con i ribelli. Ma poi Gheddafi, intervistato dalla portoghese Rtp, smentisce il suo ministro: Tripoli «non riconosce assolutamente» la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu». E aggiunge frasi davvero poco rassicuranti: «Trasformeremo in un inferno le vite» di quei Paesi che attaccheranno la Libia: «Se il mondo è impazzito, diventeremo pazzi anche noi».
Lo scetticismo, certo, è necessario. E così, mentre da Tripoli Koussa parla, la «coalizione dei volonterosi», o «alla francese», come viene ribattezzata nella diplomazia, non senza un accenno velatamente polemico al protagonismo dell’Eliseo, continua i preparativi per l’istituzione della no fly zone. Obama chiama Cameron e Sarkozy. L’appoggio degli Stati Uniti è totale. Gheddafi, dice Obama, «è avvertito». Il Colonnello deve attuare il cessate il fuoco sui civili «immediatamente», ma «gli Stati Uniti non invieranno truppe di terra». Lo escludeva, del resto, la risoluzione delle Nazioni Unite. Più tardi, lo stesso Obama firma con Francia, Gran Bretagna e alcuni Paesi arabi il documento dell’ultimatum, diffuso dalla presidenza francese: si chiede «la fine dell’avanzata delle truppe libiche su Bengasi ed il loro ritiro da Adjabiyah, Misurata e Zawiyah», oltre alla riattivazione delle utenze nelle città in mano ai ribelli.
Le ore successive al colpo di scena della tregua annunciata e smentita sono state scandite da precisi preparativi militari. Sarkozy ha dato il via libera alle manovre dei suoi Mirage e Rafale. Londra ha trasferito i Typhoon e i Tornado a Cipro. Cameron e Sarkozy vogliono anticipare l’intervento della Nato. Alla base di questa apparente fretta ci sarebbe la volontà di un intervento dei volonterosi nella cornice della risoluzione Onu, che sarebbe più accettato da parte di molti Paesi arabi rispetto a un’azione diretta dell’Alleanza Atlantica.
Ma c’è chi chiede più prudenza. L’Unione Europea non è compatta: si muove a metà strada tra l’appoggio convinto alle due Nazioni guida (Norvegia, Olanda, Danimarca), e posizioni di fedeltà ma meno interventiste. L’Italia concede le basi aeree e i caccia. Il Portogallo annuncia che non parteciperà ad azioni militari. La Germania, astenuta nel consiglio di sicurezza con Russia, Cina, Brasile e India, frena: la Cancelliera Angela Merkel ritiene «incoraggiante» la risposta di Tripoli. Preparano l’intervento aereo Qatar ed Emirati Arabi.
Sarkozy ha ribadito anche nel pomeriggio l’intransigenza: la politica «dell’immobilismo - ha sottolineato - «ha troppo spesso «condannato i popoli all’ingiustizia». Francia e Gran Bretagna sono le due Nazioni che guideranno oggi il vertice straordinario convocato a Parigi, presenti autorità Ue, Nato, della Lega Araba e dell’Unione Africana, con molti premier tra cui Silvio Berlusconi e sotto il coordinamento del segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon.

La Nato dovrebbe concludere entro domenica i suoi piani militari. Il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha dichiarato ieri che la risoluzione dell’Onu completa il quadro delle «tre condizioni necessarie» per un’azione dell’Alleanza Atlantica.

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