Ghidella jr: «Gli Usa si aprono all’indotto»

La rapidità con la quale l’affare Fiat-Chrysler è stato concluso sotto il profilo finanziario lascia intendere che anche le risposte industriali dovranno giungere in tempi molto ridotti, coinvolgendo non soltanto Fiat, ma anche tutti i suoi fornitori. Quelli di Chrysler hanno infatti dimostrato di non essere in grado di offrire le tecnologie necessarie per migliorare l’efficienza dei motori e ridurre le emissioni di CO2 secondo il diktat del presidente Barack Obama. «Sotto questo profilo la competenza delle nostre industrie meccaniche è da tempo un punto di riferimento a livello mondiale», afferma con sicurezza Riccardo Ghidella, cinquantunenne vicepresidente di Agesi-Confindustria, figlio di Vittorio Ghidella, amministratore delegato di Fiat dal 1979 e «padre», tra le altre, di Uno, Delta, Thema e Tipo.
Fra le competenze di Ghidella c’è la responsabilità dell’Agesi, che raggruppa appunto tutte le aziende che si occupano di utilities e facilities management, imprese in grado di fornire un elevato know-how per tecnologie e sistemi preposti all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale. «Sono competenze preziose per Fiat, che ha vinto una sfida che cercava da lungo tempo, un risultato di cui tutta l’industria italiana deve andare fiera - sottolinea Ghidella - e le nostre aziende sono pronte a creare una piattaforma oltre l’Atlantico per affiancare il gruppo torinese nella creazione delle nuove linee di produzione, un’operazione gigantesca che richiede la presenza dei fornitori vicino alle fabbriche». Anche l’indotto italiano trarrà comunque beneficio dalla nuova realtà, «perché - come ricorda Ghidella (questa volta in veste di consigliere dell’Amma, l’associazione, più antica di Confindustria, che raggruppa le aziende di meccanica e meccatronica) - il 50% delle imprese meccaniche italiane opera come fornitore dell’industria automobilistica, e il 35% di queste è stata oggetto negli ultimi anni di investimenti stranieri, un dato che dimostra l’eccellenza, a livello internazionale, della nostra competenza e delle nostre tecnologie».
Rispetto al precedente accordo con General Motors, che i fornitori dovettero in gran parte subire, la nuova partnership con il gruppo di Auburn Hills rappresenta questa volta una sfida stimolante in quanto lascia libera Fiat di gestire il «purchasing», l’attività vitale per le aziende fornitrici di componentistica e di logistica, chiamate a dimostrare la loro capacità di fare sistema, anche fuori dei confini nazionali, sulla quale Ghidella non ha dubbi.

Sul fronte Opel, l’imprenditore piemontese non si pronuncia, ma è indubbiamente convinto che il mosaico di Sergio Marchionne non sia ancora completo, «l’occhio più attento riesce a percepirlo», si lascia sfuggire Ghidella, ma se anche il tassello di Russelsheim dovesse trovare il suo posto «Fiat e l’industria italiana dell’automobile tornerebbero a essere la realtà trainante del Paese», conclude.

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