Ghio, il deputato «senza zio» più forte anche delle pallottole

Ghio, il deputato «senza zio» più forte anche delle pallottole

«Piacere sono l’onorevole Enrico Ghio. Deputato senza zio». Si presentava così ai congressi e alle assemblee della Democrazia cristiana in evidente bonaria polemica con il collega Francesco Cattanei, deputato e nipote dell’ex ministro Giorgio Bo. Uno slogan che forse aveva fatto la fortuna di Ghio. A rievocare l’episodio è ancora una volta Tullio Mazzolino, ex assessore ai Trasporti a Palazzo Tursi ed esponente di spicco dello scudocrociato in Liguria, che sceglie nuovamente le pagine del Giornale per raccontare uno dei «cavalli di razza» della vecchia Democrazia cristiana, parlamentare e primo presidente del consiglio regionale ligure.
Uniti da percorsi professionali simili: entrambi commercialisti, revisori contabili ed ex bancari, Mazzolino avvalendosi di una memoria storica di ferro, traccia un ritratto partendo proprio dagli studi: «Ghio nacque a Genova il 18 agosto del 1923. Si diplomò ragioniere con la media del nove laureandosi poi in Economia e commercio. Bancario, fu condirettore alla Banca commerciale italiana a Genova, rientrato dopo essere stato eletto deputato al parlamento nel 1963, a seguito della decisione di trasferirlo a Bari, lasciò la banca e iniziò la professione di commercialista. Le banche vedevano con astio chi si dedicava alla vita politica, con una punta di invidia da parte dei dirigenti che snobbavano il servizio nel pubblico, e quando potevano si vendicavano con chi era rientrato nel settore con decisioni in parte punitive. Anch’io ho conseguito il diploma di ragioniere e la laurea in Economia e commercio, ma non con le votazioni brillanti di Ghio; sono stato impiegato alla Bnl di Genova, e dopo la parentesi come assessore ho lasciato la banca e ho iniziato la professione di commercialista e revisore legale, avendo avuto la carriera bancaria bloccata dal servizio pubblico. Cose di altri tempi però», commenta sorridente Mazzolino. Testimone oculare di un importante periodo storico, torna ancora allo slogan elettorale di Ghio, parlando di frecciata rivolta al suo compagno di partito l’avvocato Francesco Cattanei, Checco per gli amici, presidente della Provincia di Genova, parlamentare e sottosegretario. Nell’ambiente pettegolo della Dc, si diceva che Cattanei facesse carriera grazie allo zio Bo.
Ripercorrendo la vita politica dell’onorevole democristiano, Mazzolino specifica che: «Fu consigliere provinciale dal 1951 al 1970 ricoprendo più volte il ruolo di assessore. Nel 70’ venne eletto consigliere regionale ricoprendo diverse posizioni nel parlamento regionale. Fu il primo presidente dell’Assemblea e assessore all’Agricoltura, Foreste ed Economia Montana fino al 1975, anno in cui la Dc passò all’opposizione. Rimase in consiglio fino al 1985». «Un politico con un forte carattere portato spesso alla polemica che non ammetteva compromessi e inciuci – ricorda con stima Mazzolino -. Fervente cattolico, la sua risolutezza non era mai intransigenza e il suo rigore morale non escludeva il perdono. Della fede cattolica aveva fatto il faro della sua esistenza». Una risolutezza e una grinta che gli permisero di non interrompere il suo percorso politico neanche quando il 29 maggio 1979 subì un agguato delle Brigate Rosse. Gli furono sparati sette colpi di pistola a una gamba e al dito mignolo. «Una delle diverse vittime democristiane del terrorismo – cita Mazzolino -. Taviani in un comizio pubblico citò con enfasi la sezione Dc presso l’ospedale San Martino di Genova, dove erano ricoverati diversi esponenti democristiani vittime del terrorismo rosso».
Tornando a Ghio emerge che fece parte del circolo di Luigi Sturzo - i centristi della Dc -, che non volle mai definire corrente e dopo la morte di Lucifredi divenne il responsabile genovese. Collaborò attivamente con Oscar Luigi Scalfaro, leader nazionale della corrente dopo la scomparsa dell’onorevole Scelba, ma ruppe clamorosamente con lui quando fece la scelta di sinistra. Non si risparmiò neanche con Pertini polemizzando perché non ne condivideva le scelte politiche. E i rapporti tra Ghio e Mazzolino? «In un primo tempo furono generici poiché militavamo in correnti diverse – risponde -. I contatti si fecero invece più stretti quando divenni assessore a Tursi. Fu la vicenda delle isole pedonali di San Vincenzo e del Quadrilatero che mi avvicinarono a Ghio. La pedonalizzazione dette il via a una serie di polemiche e di contrasti in seno alla maggioranza. Con tenacia e determinazione andai avanti per la mia strada. Grazie alla mia cocciutaggine si creò un movimento favorevole al progetto di natura trasversale, anche Claudio Burlando allora consigliere comunale del Pci all’opposizione, fu in un cero senso favorevole all’iniziativa. L’onorevole Ghio apprezzò molto il mio comportamento consono al suo modo di agire, ammirando il fatto che ero disponibile a rimetterci di persona pur di non cedere. I rapporti si fecero poi sempre più stretti, legati da una reciproca simpatia. Quando ci incontravamo si parlava di politica e io ero solito terminare il discorso con la frase: “bene ci rivediamo”. Lui invece ribatteva “male” sottolineando con la verve di sempre, le cose sbagliate della nostra società. Quando decisi di iniziare la professione, Ghio mi inviò copia della documentazione utile per attuare le procedure relative all’iscrizione del Collegio dei revisori contabili. E di questo gliene sono grato.

Con l’andare del tempo il mio carattere si è sicuramente indurito e sono diventato più polemico. Senz’altro Ghio, deceduto nel 2009 avrà apprezzato questa nuovo lato del mio carattere, così come io ho apprezzato tanto di lui come uomo e come politico».

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