È già finale Da Kalle a Matthäus, tutti i ricordi di Inter-Bayern

I tedeschi si stanno divertendo come all’oktober fest: «Né Ronaldo, né Kakà, né Rooney, né Messi, né Ibra. Venite a Madrid a vedere Robben e Milito». Messaggio spedito al resto d’Europa che sognava, sperava, progettava e invece... Invece Bayern-Inter, roba che profuma di antico, dunque di buono, con tutti gli annessi e connessi, tipo c’era una volta Trapattoni e con lui il motivetto che piace tanto «Strunz, Strunz, Strunz!»; c’erano una volta Klinsmann, Matthäus e Brehme le sturmtruppen che fecero volare l’Inter; c’era una volta il 2 a 0 e la galoppata di Nicolino Berti nella notte bavarese e quel maledetto 0 a 3 di San Siro. Oppure il glabro Van Gaal che sembra uno dei Simpson contro il fascinoso Mourinho che faceva da assistente dell’olandese proprio al Barcellona e adesso ha voglia di impartirgli una lezione, dunque uno tutto sa dell’altro, e viceversa: chi ha imparato di più? Chi sarà bocciato?
E ancora: in finale proprio i due allenatori più antipatici dell’universo, professionisti seri con taccuino al seguito e lingua veloce, poco amati dalla stampa ma celebrati dai tifosi. Non è finita qui: l’incubo olandese per l’Inter che pensa a Robben e ricorda l’Ajax della finale perduta, oppure Lucio che rivede i suoi vecchi datori di lavoro per anni cinque. E poi Madrid, il Bernabeu che ingoia bile, costretto, come è, ad osservare i finalisti Robben e Sneijder liquidati in fretta da paperone Perez e dal poeta argentino Valdano e l’argentino Demichelis (che, nonostante l’albero genealogico, qualcuno si ostina a pronunciare all’argentina senza acca) di fronte ai suoi connazionali Zanetti, Cambiasso e Milito.
E il viaggio delle due squadre verso Madrid non ha ricevuto favori e privilegi analoghi: il signor Ovrebo, chiedere informazioni alla Fiorentina, o lo spagnolo Mejuto Gonzales per la prima sfida contro il Chelsea? E Kalle Rummenigge che per nascita e occupazione deve tifare esclusivamente Bayern ma conserva nel cuore e nel conto corrente il periodo d’oro sul lago di Como, con villa da centoquarantaquattro (in cifre 144) milioni di lire per l’affitto annuo, non certo da lui pagate ma dal ragionier Pellegrini Ernesto?
Erano altri tempi, era un altro calcio, di solito si dice così per chiudere l’argomento e dedicarsi ad altro di più contemporaneo. Ma che cosa è il football se non un diario da sfogliare continuamente, un album pieno di fotografie? Per fortuna è questo, per fortuna l’Inter si porta appresso le immagini grandiose degli anni Sessanta, di Angelo Moratti che alza la coppa al cielo, per fortuna il Bayern si ripresenta in finale, l’ultima la vinse ai rigori, contro il Valencia ma tutti si ricordano di quella persa nel 1999 contro il Manchester United nei 3 minuti di recupero concessi da Collina Mentre Gabriele Oriali ha bene in mente, e non soltanto lui, la finale persa, l’ultima, contro l’Ajax di tale Cruyff il 31 maggio del 1972. Come si legge, dunque, è un serial di fotogrammi, di memorie, di paralleli mentre il calcio di oggi corre troppo veloce e fa i conti con gli assenti.

Non ci sarà Thiago Motta per squalifica e non ci sarà Frank Ribery per squalifica pure lui ma smarrito tra storie di sesso e di prostituzione, con il rischio di dover rinunciare, dopo Madrid, anche al Sudafrica, se il tribunale dovesse decidere una condanna pesante e vergognosa. Per il momento siamo nella fase della nostalgia ma tra qualche ora sarà circo, Madrid aspetta con ansia la calata italotedesca. C’è di peggio nella vita, per esempio chiedete a quelli del Barcellona.

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