Cultura e Spettacoli

Ma già Newman aveva rotto il tabù

Michele Anselmi

Magari il paradosso sta tutto qui: per rilanciare il western, benché in una chiave contemporanea e ultrasentimentale, ci sono voluti due mandriani omosessuali, o, se preferite, due «cowboy gay». Hollywood ci ha provato in tutti i modi negli ultimi tempi, con esiti artistici anche felici, come nel caso di Terra di confine di Kevin Costner o The Missing di Ron Howard, ma senza entusiasmi, quasi che l’operazione-revival fosse un vezzo nostalgico, un riflesso infantile. A sorpresa, invece, grazie anche al Leone d’oro, i due vaccari in love di I segreti di Brokeback Mountain hanno riportato l’America profonda e virile, misera e dignitosa, in jeans e cappelloni, al centro del dibattito, anche estetico. Un azzeccato marketing ha fatto il resto.
Vedrete che il film di Ang Lee sarà anche in Italia un successo: se poi diventerà bandiera di qualcosa, poco importa, perché I segreti di Brokeback Mountain può davvero piacere a tutti, progressisti e conservatori, etero e omosex (a meno di non farsi guidare da una coriacea omofobia). Del resto, non è necessario aver letto il racconto di Annie Proulx da cui è tratto per scoprire che questo atipico western destinato a fare incetta di premi non è una furbata mediatica, nonostante gli sfottò e gli elogi che si attirerà addosso. Naturalmente vale la sorpresa. Da che mondo è mondo, se dici western pensi a John Wayne e Clint Eastwood, agli spolverini e ai Winchester, ai duelli all’Ok Corral e alle albe tragiche, ai fiumi rossi e alle mandrie di vacche, mentre qui si consuma, sul filo degli anni Sessanta fino ai primi Ottanta, un amore tra pecore puzzolenti, case mobili e stivali sfondati. Che qualcuno, lassù nel Wyoming, potesse gridare allo scandalo, organizzando boicottaggi in nome del maschio buon nome dei cowboy, era scontato. Successe anche alla cantante country K.D.Lang., «colpevole» d’essere lesbica e pure vegetariana, quindi messa al bando dalle radio. Eppure è dai tempi di Furia selvaggia di Arthur Penn, con il giovane Paul Newman, che il western si inchina alla psicoanalisi freudiana, senza disdegnare torsioni o allusioni omosex, sia pure all’insegna dell’amicizia virile. Rivedere per credere Ultima notte a Warlock, con Anthony Quinn perso disperatamente dietro Henry Fonda. O, su un piano più epico-sorridente, Butch Cassidy con la supercoppia Redford-Newman. O, in forma di parodia, a Mezzogiorno e mezzo di fuoco, dove Mel Brooks si divertì a dipingere, tra bivacchi, fagioli e scoregge sotto la luna, anche uno sceriffo gay & nero.
Nondimeno, è vero, Brokeback Mountain segna una rottura con la tradizione, sia pure di quel western moderno, tra auto ed elettrodomestici, che prende le mosse da Gli spostati di Huston. Qui i due uomini si amano di un amore fisico travolgente e insidioso, che sopravvive alle distanze e al tempo. Non si sentono «froci»: infatti si sposano, mettono su famiglia, si dividono, tradiscono le mogli, senza mai trovare la forza di rivelarsi, a causa dei pregiudizi sociali e dei rischi fisici. Tuttavia sarebbe un errore considerare I segreti di Brokeback Mountain una sorta di manifesto country-gay, insomma la definitiva abdicazione del genere alle pressioni di una presunta lobby.

I mandriani di Ang Lee non sono la faccia seria dei Village People.

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