Già tutti fuori. «Condannati» i poliziotti che li hanno presi

(...) Così pure il suo collega e connazionale Milos Petrovic, che in via Colombo, diverse ore prima di dare il meglio di sé allo stadio, aveva anche rapinato un negozio di articoli sportivi, se n’è tornato in Serbia (o forse sta ancora gironzolando in qualche caruggio) perché l’anno di condanna è solo sugli archivi del tribunale. Chi resta sicuramente in giro a Genova, è invece Marco M., un diciottenne sostenitore genoano, che insieme a un’altra decina di amici, aveva organizzato la vendetta. Aveva in mano una spranga e preparava un’imboscata ai serbi, sostiene l’accusa. Arrestato per resistenza, lesioni e possesso di arma impropria, alla sbarra è rimasto il tempo di ascoltare il verdetto. Anche se a suo carico almeno ci sarà qualche provvedimento di divieto di partecipazione a eventi sportivi.
In ogni caso, tre processati, tre liberati.
Più o meno negli stessi minuti in cui Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A, affidava alle agenzie di stampa la sua ricetta contro la violenza negli stadi: «Contro questo modo di fare occorre perseguire gli atteggiamenti individuali, prendere questi signori e metterli in galera con condanne esemplari».
Appunto.
Duemila tifosi serbi al Ferraris. Duemila pronti a seguire gli ordini del capo supertatuato Ivan Bogdanov. Poi le responsabilità, come spesso accade, sono state subito addossate a «poche decine». Gli arrestati, per i quali i poliziotti genovesi hanno lavorato con estrema attenzione tutta una notte, sono stati in tutto 17. I primi tre, gli unici finora processati, sono già fuori. Gli altri devono ancora incontrare un magistrato.
La stragrande maggioranza, quelli non colpevoli perché avevano «solo» sostenuto il capo nella sua sfida alla polizia e perché avevano «solo» urlato con lui slogan e insulti, sono stati tutti accompagnati al confine per il viaggio di ritorno. «Nessun incidente», ha fatto sapere la polizia che li ha accompagnati fino alla barriera del Lisert, in provincia di Gorizia, limite ultimo prima di entrare in territorio sloveno. Problema risolto.
Adesso resta poco più di una dozzina di serbi nelle celle di Marassi. C’è Bogdanov, che dopo aver passato la notte in una guardina della questura, è stato accompagnato al Galliera per essere visitato. Si è fatto male a una mano. Robetta, 7 giorni di prognosi. Dopo lo show in mondovisione si era nascosto nel vano motore di un pullman nel quale è stato trovato dai poliziotti che lo hanno arrestato. E che ieri mattina non lo hanno perso di vista un momento mentre l’équipe del professor Paolo Cremonesi, responsabile del pronto soccorso del Galliera, lo visitava. Non ha detto di essere stato costretto dagli altri a guidare la rivolta, ma in carcere si è dimostrato educato e affabile. «Ieri ci sono stati problemi perché eravamo ubriachi», ha detto. Un bravo ragazzo, hooligan per caso, insomma.
Lo ripeterà probabilmente ai giudici. Che ieri hanno concesso attenuanti e sospensione della pena ai primi processati perché, stando al magistrato, sono giovani, incensurati e protagonisti di fatti lievi. Per Ivan invece, come per altri arrestati, potrebbe essere necessario attendere la convalida del fermo. Se non ci sarà la direttissima, un magistrato dovrà decidere se hanno fatto bene i poliziotti ad ammanettarlo. Ma anche in caso di «convalida», non necessariamente Ivan resterà dentro. Per lui le accuse poi non sono neppure trascendentali: porto d’armi e danneggiamento. Potrebbe essere confermato il suo arresto e disposta la sua scarcerazione.

E pazienza se a parole tutti vogliono la certezza della pena, vogliono che i responsabili paghino. Le grida scandalizzate, le interrogazioni parlamentari sono riservate contro il ministero dell’Interno o al massimo contro i poliziotti che li hanno arrestati.

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