Due morti massacrati a coltellate su un lussuoso yacht battente bandiera saudita e una persona scomparsa. La barca alla deriva vicino a un isolotto greco e il caso di un pescatore che lavvista prima che affondi. Allinterno un irreale silenzio, rotto dallo sciabordio delle onde. Intorno tanto sangue.
Eccolo il nuovo giallo in «alto mare», trama déjà vu di cronache vere e fiction su celluloide che stavolta va in scena nel Dodecanneso. Teatro lEgeo, baia di Tilos, uno «scoglio» di 62 chilometri quadrati che in italiano chiamiamo Piscopi. E italiana è una delle due vittime. Era il comandante, un navigatore esperto cinquantatreenne: Mauro Mari, originario di Brescia ma da circa 15 anni trasferitosi con moglie e figlio in Arabia. Lavorava per uno di quei tanti emiri che nuotano nel petrolio.
Il suo cadavere era avvolto in una coperta e abbandonato a poppa. «È stata unesecuzione», raccontano i soccorritori. Un altro corpo martoriato, quello di un filippino, uno dei due marinai a bordo del «Gharib», 25 metri di lunghezza, si trovava avvolto in un lenzuolo dentro una cabina. Forse aggredito mentre dormiva. Cosè accaduto a bordo? Di certo cè stata una lotta selvaggia. Poi manca ul tender, ovvero uno dei canotti gongiabili di salvataggio; soprattutto manca il terzo dellequipaggio, un altro filippino. Ammesso che non sia stato assassinato e gettato in mare, allora sarebbe tutto abbastanza chiaro. È lui il killer. Fuggito dopo aver praticato una falla nello scafo per farlo inabissare. Il caso ha voluto diversamente. Manca ancora un movente, ma le piste, almeno quelle dei «quattro» gendarmi greci di stanza su questisola contadina di nemmeno mille abitanti, già si dipanano lungo tortuose ipotesi. Traffici illegali, armi, droga, merce umana. Chissà. Suggestioni che col passare delle ore sembrano via via scemare.
I familiari dellitaliano reagiscono con sdegno di fronte alle illazioni. «Smentiamo categoricamente tutte le false notizie che si stanno dando sulla vita e sul lavoro di Mauro, che era solo un capitano e manager di yacht alle dipendenze di un emiro arabo», protesta Mario De Cecco, un suo amico di Anzio, la cittadina dove Mari viveva da ragazzo e dove aveva incontrato la futura moglie, Marcella Cervellioni. «Il viaggio che stava facendo - spiega ancora - era esclusivamente di lavoro e per questo motivo era salpato verso la Turchia: doveva acquistare pezzi di ricambio per una barca».
Mari e la moglie, con un oggi figlio dodicenne, in Arabia erano arrivati da circa 15 anni.
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