Parigi - Il corpo è stato trovato, ma non tutti i dubbi sono svaniti. Ieri si è avuta la conferma del fatto che i resti umani, rinvenuti mercoledì scorso nelle acque della Senna, appartengono al diplomatico israeliano David Dahan, 54 anni. Quest'ultimo era un personaggio di grande rilievo della macchina militare in quanto direttore generale, con base a Parigi, della «missione europea» del ministero della Difesa di Gerusalemme.
«Il paragone genetico ha permesso l'identificazione senz'ombra di dubbio dei resti di David Dahan», ha detto una fonte della polizia francese, che propende decisamente per la tesi del suicidio. Il diplomatico, che pare attraversasse un periodo di forte depressione per ragioni personali, era scomparso un mese fa. Secondo la stampa israeliana, il suo sistema nervoso aveva completamente ceduto a seguito di una domanda di divorzio da parte della moglie. Nella notte tra il 21 e il 22 gennaio David Dahan è stato visto allontanarsi dal suo appartamento, situato nei pressi dell'ambasciata a Parigi. Poi si sono perse le sue tracce.
Subito si è temuto il peggio. Sono circolate voci incontrollabili a proposito di un ipotetico sequestro da parte di gruppi terroristici. Si è anche parlato di un suo deliberato tentativo di diventare uccel di bosco. Intanto ci si è interrogati sul ruolo esatto di quel personaggio, che pare coordinasse gli acquisti d'armi in Europa a beneficio di Tsahal, le Forze armate di Gerusalemme. Il 24 gennaio l'auto del diplomatico è stata rinvenuta a Rouen, in riva alla Senna. Il veicolo era vuoto e chiuso a chiave. I sommozzatori della polizia francese hanno immediatamente cominciato a scandagliare il fiume, che proprio a partire da Rouen è navigabile anche da imbarcazioni di grandi dimensioni. Mercoledì pomeriggio un passante ha avvisato la polizia avendo visto un corpo galleggiare sulle acque della Senna nella zona di Rouen, a una decina di chilometri di distanza da questa città in direzione dell'estuario.
Le indagini sulla scomparsa e sulla morte di David Dahan proseguono anche se molti elementi avvalorano la tesi del suicidio. Nell'abitazione parigina del diplomatico è stata rinvenuta una lettera in cui egli lasciava trasparire l'intenzione di togliersi la vita in seguito ai suoi problemi di famiglia. L'autopsia, immediatamente effettuata a Rouen, conforta questa tesi. «L'esame necroscopico non ha messo in luce alcun elemento sospetto. Il diplomatico israeliano è morto annegato», affermano le fonti della polizia francese con molta determinazione. Resta da capire come mai un apparato diplomatico-militare tradizionalmente efficace come quello israeliano abbia potuto ignorare l'esaurimento nervoso di un personaggio che era presumibilmente in possesso di informazioni altamente riservate. Come mai nessuno ha pensato a mandarlo in ferie, sostituendolo - almeno temporaneamente - nelle sue funzioni? Strano.
In Israele la vicenda della scomparsa del diplomatico è stata trattata fin dall'inizio con estrema discrezione dalle fonti ufficiali, mentre quelle giornalistiche si sono scatenate a rovistare nella sua storia personale e nella sua vita privata. Il 31 gennaio il ministro della Difesa Amir Peretz ha effettuato una visita lampo a Parigi proprio - così sembra - nel contesto di quella delicata vicenda.
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