IL GIALLO DEL GIALLO RITROVATO

C’è più di un mistero celato fra le pagine de Lo scandalo dell’osservatorio astronomico, sesta indagine dell’archivista-poliziotto Arthur Jelling scritta da Giorgio Scerbanenco, andata perduta per più di 60 anni e oggi pubblicata da Sellerio (pagg. 236, euro 13; a cura di Cecilia Scerbanenco; in libreria da venerdì). Anzitutto si tratta di un inedito totale dello scrittore italo-ucraino. Un romanzo scritto nel 1943 e rimasto fino a oggi sconosciuto per una serie di motivi singolari. Un giallo scritto sull’onda del successo fatto registrare dai precedenti Sei giorni di preavviso, Nessuno è colpevole, La bambola cieca, L’antro dei filosofi e Il cane che parla (scritti e pubblicati fra il 1940 e il 1942). I primi due titoli erano apparsi nella collana «Il Supergiallo» della Mondadori (in due omnibus che vedevano Scerbanenco affiancato ad autori come E. Stanley Gardner, S.S. Van Dine e Agatha Christie oltre che al nostrano Ezio D’Errico), poi La bambola cieca aveva avuto l’onore di essere pubblicato singolarmente ne «I Libri Gialli» e infine gli ultimi due titoli della saga erano quindi apparsi nella collana «I Romanzi della Palma», nel periodo in cui il regime fascista aveva letteralmente chiuso la maggior parte delle collane gialle edite in Italia perché ritenute corruttrici dei costumi del Belpaese.
Nonostante le restrizioni editoriali fasciste, che avevano costretto Giorgio Scerbanenco a scegliere un’ambientazione americana per la sua serie, quelle sue storie avevano colpito subito nel segno tanto che lo scrittore era riuscito a siglare quasi immediatamente i contratti per le edizioni spagnole e tedesche dei suoi libri. Aveva colpito nel segno soprattutto l’originalità di un personaggio come Arthur Jelling, archivista della polizia di Boston preparato a studiare i casi con umanità e pazienza. Un poliziotto «specializzato nella scoperta di delitti che non sono ancora avvenuti», abituato a lavorare più «sul vivo che ancora devono uccidere» piuttosto che «sul morto». Uno che - come ammette lui stesso - non sa prendere un’impronta» e non cerca nemmeno «pezzetti di carta lasciati distrattamente in terra» ma fonda le sue indagini semplicemente «sulle sue impressioni... sulle sue intuizioni». E probabilmente Jelling sarebbe stato abile anche nel risolvere il mistero che circonda Lo scandalo dell’osservatorio astronomico, testo sparito dopo la guerra e fortunosamente ritrovato l’anno scorso da Cecilia ed Alberto Scerbanenco in un polveroso cassone dove l’aveva accuratamente riposto in una cartellina la madre di quest’ultimo. Per certo si sa che Giorgio Scerbanenco lo aveva consegnato nel 1943 all’amico Luigi Barzini junior in vista della pubblicazione. Poi, pochi giorni dopo l’8 settembre, come Scerbanenco stesso ha raccontato nella sua autobiografia Viaggio in una vita (che pubblicò a puntate su Novella nell’estate del 1958), lo scrittore fu costretto a varcare clandestinamente il confine italo-svizzero chiedendo asilo per motivi politici (fu in questo periodo che Scerbanenco fece la sua conoscenza fra gli altri con Indro Montanelli). Costretto a scappare in fretta e furia, lo scrittore si portò dietro solo una frustra cartella di cuoio che conteneva un unico manoscritto e confidò che l’amico Luigi Barzini si sarebbe occupato invece di persona della pubblicazione de Lo scandalo dell’osservatorio astronomico. Non poteva sospettare che il suo amico sarebbe andato incontro anche lui all’espatrio e che del testo si sarebbero così smarrite le tracce...
La copia velina recentemente ritrovata dai figli non presentava alcun titolo, ma l’editore Sellerio battezzandolo Lo scandalo dell’osservatorio astronomico ne ha scelto uno che sicuramente sarebbe stato perfetto per questa storia interamente ambientata fra le mura dell’Osservatorio Astronomico di Candan. Qui da tempo lavorano il vecchio direttore Federico Travel e i suoi tre assistenti Domenico Dammer, Tommaso Sharp e Veronica Fanse, intenti nello studio di stelle e pianeti e ossessionati in particolare dalla ricerca e dell’individuazione dell’asteroide n. 1983. I ricercatori, dopo averlo battezzato «Veronica n. 1983» (in onore alla loro avvenente collega) e dopo averlo presentato alla comunità scientifica, si accorgeranno tragicamente che il corpo celeste è tutt’altro che una nuova scoperta. Da quel momento strani eventi cominceranno a cambiare il delicato ecosistema in cui vivono gli scienziati. L’arrivo di un misterioso e psichiatrico segretario (Fronder Hass), il tentativo di strangolamento di Veronica Fanse da parte di uno sconosciuto e il ferimento di Tommaso Sharp, trasformano l’osservatorio nel perfetto teatro delle indagini affidate a Arthur Jelling alle prese con una storia fatta di stelle, pianeti e deliri umani. Ma niente e nessuno riuscirà a scomporre l’integrità morale e psicologica del poliziotto di Boston, abituato a lavorare da sempre su fatti concreti e non su congetture astruse.
Un personaggio maturo che per certi versi anticipa il Duca Lamberti protagonista dei noir degli anni Sessanta di Giorgio Scerbanenco. Ne La bambola cieca scopriamo che «Arthur Jelling era un uomo che aveva quarant’anni, aveva studiato medicina fino a venticinque anni, s’era sposato a ventiquattro, e altro non aveva fatto di più importante, se non scoprire la trama segreta di alcuni delitti famosi. Ma nella sua vita non era mai entrato il romanzo, se non di scorcio.

Scoperto l’autore del celebre delitto, o archiviata la pratica dell’ultimo processo, egli tornava a casa, tra sua moglie e suo figlio, leggeva il giornale mangiando, leggeva un libro a letto, e la mattina era in ufficio, all’Archivio Criminale, come un qualunque impiegato, come il più oscuro degli impiegati, a catalogare interrogatori ed elenchi di referti, o stesure di alibi». Potremmo dire, con una battuta, che Arthur Jelling è stato per Scerbanenco l’asteroide che gli ha permesso il successivo sbarco sul pianeta Duca Lamberti.

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